Mi piace da impazzire poter festeggiare pubblicamente una giornata, quella di ieri, che ricorderò, orgogliosamente milanese e lombardo come sono (anche se residente a Bergamo da anni 48), a lungo. Un qualcosa di assolutamente non provinciale, di europeo, di bello, lontano anni luce da miopie da piccolo cabotaggio e brutti scandali, che si è compiuto lunedì 16 marzo, memorabilis data, nel cuore dell’Oltrepò Pavese, in quella terra che dovrebbe essere e chissà se lo sarà mai, la capitale del vino lombardo di qualità. E che invece è costretta ad inchinarsi all’indiscutibile primazia di quella terra di più giovane storia, ma popolata da imprenditori e vignerons intelligenti e ambiziosi, che si chiama Franciacorta.
Cos’è successo ieri di speciale? Tutto (mancava solo la mia Lei al mio fianco e avrei toccato il cielo con un dito…). Un gruppo di giovani, che hanno creato da pochi anni quella bella cosa che è Wine Not Italy, ovvero “un’agenzia di marketing e comunicazione dedicata alla valorizzazione del settore viti-vinicolo dell’Oltrepò in campo internazionale”, che ha come obiettivo “supportare le aziende vinicole dell’Oltrepò nei mercati internazionali attraverso azioni mirate di marketing e comunicazione”, ha avuto una bella pensata. E lavorando duro ha trasformato il sogno in realtà.
L’idea è stata quella di invitare un’autorità delle “bollicine” mondiali, mr. Tom Stevenson organizzatore di “The Champagne & Sparkling Wine World Championship”, massima competizione internazionale per premiare i migliori vini per categoria e tipo nel settore “bollicine”, a venire in Oltrepò (in Franciacorta c’era già stato nell’ottobre 2013, su invito del Consorzio Franciacorta e di qualcuno che conosco, posso veramente dirlo, da una vita…) a degustare le bolle oltrepadane.
Detto fatto, Tom, che è un wine writer con i fiocchi e uno che non se la tira, un maestro e un amico, è venuto e insieme (i ragazzacci di Winenot, bontà loro, avevano invitato anche me a degustare…), dopo aver ricevuto il saluto nientemeno che dell’Assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia, che venuto a conoscenza dell’iniziativa ha deciso di fare un salto a trovarci (chapeau Assessore Fava!) ospiti della splendida Tenuta Scarpa Colombi di Bosnasco, abbiamo degustato, in blind tasting, qualcosa come 69 campioni.
Io mi sono divertito come un pazzo, nonostante assaggiare così tante bollicine non sia uno scherzo, e ho trovato davvero tanti vini che mi hanno convinto senza se ne ma. E non mi sono improvvisamente rabbonito o qualcos’altro che fa sempre rima con… ito, so ancora distinguere il grano dal loglio. E lo dico a chiare lettere.
Non so quali vini abbia preferito Tom (glielo chiederò next days), ma uno degli Oltrepò Pavese metodo classico Docg che ho preferito, assaggiando, lo ripeto, alla cieca, è un vino che, una volta scoperte le carte e analizzate le mie tasting notes, ieri sera a casa, mi ha regalato una gioia in più. Scoprire cioè trattarsi di un vino che avevo già degustato in terra oltrepadana lo scorso novembre e mi aveva tanto convinto che ne avevo scritto su un blog bollicinaro a me caro.
Ma allora, boja fauss, so ancora degustare, so ancora riconoscere e premiare la qualità, ho ancora naso e palato e non sono “fernuto” come ha detto un Cialtrone che con quel suo vaticinio mi sta portando una fortuna sfacciata e una meravigliosa giovinezza nella vita e nella scrittura!
L’azienda di cui sto parlando, e che a fine 2014 definii “un’autentica rivelazione”, nel senso che non l’avevo mai sentita nominare né avevo provato alcuno dei suoi vini, si chiama Manuelina ed è sita in frazione Ruinello di Sotto di Santa Maria della Versa (un nome, una leggenda, una speranza, un forte augurio che rinnovo), un’ azienda “sconosciuta” ai più, ma che da tanti anni si affaccia sul panorama dell’Oltrepò Pavese.
Con il suo vecchio nome, Azienda Agricola Achilli Luigi, inizia la sua storia nella prima metà del ‘900 quando Luigi Achilli insieme al fratello Guido Achilli, decide di non limitarsi ad una produzione per il consumo personale o di pochi affezionati amici/clienti, ma di farne una professione vera e propria.
E così, perdonatemi se mi ripeto e mi auto-cito, rinviandovi all’articolo di novembre per tutti i dettagli sull’azienda, il cambiamento del nome in Azienda Agricola Manuelina è storia di oggi, una “scelta avvenuta per ragioni commerciali, per distinguersi dalle numerose cantine “Achilli” presenti nel comune di S. Maria della Versa”. Si è così registrato un nome semplice e famigliare (Manuela è il nome di una delle figlie di Paolo) in modo tale da portare avanti un’immagine diversa.
Per la famiglia Achilli oggi produrre i due Pinot nero metodo classico è stata un po’ “una sfida”, perché “fare spumante riteniamo sia un salto di qualità”. E le bollicine gli Achilli le vogliono ottime, tanto che non soddisfatti della vendemmia 2014 hanno coraggiosamente deciso di non produrre il Pinot Nero Brut 137 ed il Cruasé 145 (che per la cronaca mi è piaciuto anche ieri, nella sua versione da uve dell’annata 2011).
E allora che vi devo dire? Che il Brut 137, che avevo apprezzato a novembre nella sua versione da uve della vendemmia 2010 e che descrissi così, colore paglierino verdolino traslucido, naso fresco, vivo, floreale, di bella fragranza e definizione, con note nitide di agrumi, mandorla, fiori bianchi e una nocciola fresca non tostata. Attacco, piacevole, bocca fresca, viva, salata, con bel nerbo acido e vivace articolazione: il vino ha spalla larga, ma anche profondità, vivacità, bell'equilibrio sapido e finale lungo e molto piacevole, mi è parimenti piaciuto, 100% Pinot Nero, 24 mesi di permanenza sui lieviti, con un dosaggio degli zuccheri saggiamente contenuto a 6 grammi litro nonostante come Brut avrebbe potuto essere dosato maggiormente, nella versione da uve della vendemmia 2011 con sboccatura autunno 2014.
Un vino che mi sembra esprima bene tutte le caratteristiche dei metodo classico (non chiamateli spumanti cari Achilli!) dell’Oltrepò Pavese, quindi freschezza e acidità, bella struttura e nerbo.
Pertanto ieri, degustandolo, mi ha ispirato queste note, che pari pari trascrivo: colore paglierino brillante luminoso, bel perlage fine e sottile, naso molto pulito, fragrante, floreale, con una bella vena di pesca gialla di prugne gialle e frutta secca non tostata, di agrumi e ananasso.
Bocca viva, fresca nervosa, lunga, di bel dinamismo e articolazione con una bella bolla croccante e nervosa e persistenza lunga e salata. Un vino, sono pronto a scommetterlo, sarebbe piaciuto al mio Amore, champagnista e franciacortista sapiente ed esigente: il simbolo (tra i molti che avrei potuto scegliere) di una giornata che ricorderò a lungo, immagine di un Oltrepò Pavese non provinciale, dal respiro europeo. Quasi una Franciacorta…