Attualità

A casa di Mimmo Alba

pubblicata il 12.03.2010

Nella galassia delle umane cose a Mimmo Alba spetta un posto a parte: fuori da ogni classificazione la sua esperienza così come la sua storia. Non bastasse a fare di lui un oggetto di studio per i gurmè di ogni ordine e grado l'ossessione creativa, la ricerca sfibrante della purezza, della qualità, dell'integrità, Mimmo ha deciso di pecorrere una strada che è eufemistico chiamare inconsueta: piuttosto che costringere il suo talento negli ambiti oscuri di una ristorazione angusta e nebbiosa, accoglie pochi selezionatissimi ospiti a casa sua, prendendoli per mano ed accompagnandoli nella sua personalissima Sicilia fatta di  verità. Qualche fortunato lo potrà incontrare nelle sue incursioni, come questa di Isola d'Asti dove ha incontrato Walter Ferretto del Cascinalenuovo. Si presenta parlando del suo progetto folle: il libro olfattivo, quello in cui grazie alla tecnologia di una azienda francese specializzata saprà riportare dentro la carta i profumi degli ingredienti. E al tavolo giunge un listello che odora di latte di fico, come se le piante fossero lì attiorno a stillare nettare. Entusiasta, quasi parossistico nella presentazione delle sue creazioni, si è portato mezza isola nella valigia, e prova di metterla in tavola, quassù, a partire da quall'involtino di tonno con burrata e capperi, rinfrescato da un velo di cetriolo e dalla goccia agrumata. Vale la pena di ricordare - e comprendere - fin da subito che da queste parti non si fa uso di sale. La caponata su gambero lardato, ricca e potente, s'allevia nella dolcezza del gambero, mentre la sarda a beccafico su macco di fave di Leonforte trova nella linearità la sua forza: robusta la frittura, chiaro il richiamo del cedro in aggiunta. Non lesina spiegazioni lo chef, che volontieri racconta la particolare evoluzione del suo risotto: tostato a secco, e tirato con il nero di seppia, prende il volo con una briciola di pecorino di fossa saporitissimo e i delicati calamari crudi. Inconsueto anche per la percepibile fittezza della mantecatura (e la cottura arditamente croccante), si ricorda anche per la costruzione dei sapori in gradini successivi, come mani di colore. Tipicissimo  il timballino di anelli siciliani, una interpretazione della pasta cà sarde: se vuoi rusticamente sincero, e pure spesso, non poteva mancare la citazione propria del finocchietto selvatico. Per pietanza un trancio di ricciola curiosamente "condita" con cenere d'ulivo e note di mandarino, servita al rosa grazie alla lunga cottura dolce, in verità ilpiatto più normale dell'intera carrellata. Il cannolo sul succo di fico d'india, una specie di autografo del cuoco siciliano, è un gran colpo d'occhio, un vero tuffo nelle stradine dell'entroterra dell'isola. Vorremmo vedere Mimmo Alba alle prese con una sala di golosi clienti agguerriti, alle prese con lo stress dell'attenzione continua: la pressione del confronto, l'impossibile perfezione gli consentirebbe di dare forma definitiva alla propria espressione, magari anche osando spingersi verso i territori meno consueti. Nell' attesa ci accontentiamo di questo. PS.: Assaggiati in serata i "Biscotti di Lory". Una esperienza da non perdere.

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