Attualità

Aglianico del Vulture Volume II

pubblicata il 08.12.2010

Dell'evento dedicato all'Aglianico in Lucania i primi d'agosto s'è parlato tanto. Su twitter, dove nascono le degustazioni seriali dal basso, si può trovare alla voce #adv1. Alcuni di noi purtroppo però tale evento l'hanno bucato: e bontà dei produttori, sono arrivati fino qui in Padanìa i campioni per una nuova seduta d'assaggio: come sempre serena, costruttiva e senza ubbìe di classifica. Pochi, gli Orfani del Vulture: ma entusiasti di un amor virile che l'Aglianico del Vulcano infonde bello di sua natura. Tutto questo accadeva però molto tempo fa. E' in palese contrasto con la spontaneità e immediatezza del weblog pallarne dopo due mesi e dispari. Ma la motivazione è sana e profonda. Ci guardavamo, cinque di noi, con fazze piuttosto spiegazzate, cercando di dare un nome a quella generale "delusioncina" che i vini nei bicchieri ci avevano regalato. Una serpeggiante, nemmeno troppo sotterranea sensazione di qualcosa di irrisolto, incompiuto. Soprattutto la cosa più spiazzante è stata la difficoltà di ricondurre gli assaggi attuali con quelli scritti nella memoria. Certo, nessuno dei presenti è un professionista della mappa organolettica, uno speleologo dell'ultimo descrittore: quindi più che plausibile che ci siano imperfezioni & lacune anche da parte dei degustatori.
I quali però, umilmente concordi, hanno trovato difficoltà a lasciarsi prendere dall'entusiasmo. Dunque: il Vulture ci piace, ci piace quel Vulcano assonnato che respira con tempi di ere geologiche. Ci piace qualla provincia così profonda che richiede lo scavino per essere ritrovata. Ci piace quel vivere fuori dalle rotte, e ci piacciono i tratti sghembi e sanguinosi dell'Aglianico. Ci sono simpatici i piccoli produttori che abbiamo assaggiato, rigorosamente alla cieca, e ci sta a cuore la loro vicenda umana e professionale: la Lucania resta una terra di frontiera, dimenticata ai margini dell'altra Italia. Avremmo voluto esplodere di giubilo, gridando ai quattro venti languidi innamoramenti. Invece: tanta simpatia, e qualche riflessione.La più consistente: va bene la ricerca di una personalità, di un carattere definito e riconoscibile, va bene l'inesausta sperimentazione, tanto più che territorio regala una tradizione semplicemente impraticabile oggi: ma la tracciabilità va creata passo passo. Occorre tempo, fatica ed idee chiare.Queste poche righe vogliono essere un contributo: ai produttori, per la franchezza con cui sono espresse, e per i consumatori, che la piantino di fermarsi allo scaffale ad altezza d'occhi. Che trenta centimetri più in là ci sono bottiglie che raccontano storie. Diverse.Le bottiglie sono state aperte 3 ore prima della degustazione, conservate a 15° fino a un'ora prima. Poi la temperatura è risalita fino ai 20° dell'ambiente. Da segnalare una certa disomogenietà di millesimo dei campioni, dal 2004 al 2008.1. AdV "Eleano" - Tenuta Eleano 2004. Bello il colore, cupo ma brillante. Naso ancora fresco, linea verde rugosa. Sorso vigorosissimo di tannini, a tratti allappanti. Nel mezzo è comunque diritto, piccola la spezia, lungo l'esito.2. AdV "Pian del Moro" -  Musto Carmelitano 2008. Scuro, viola al bordo, materico. Nasone vegetale, con un incredibile geranio sul tappeto di spezie. Bello sì di naso, ruvido in bocca: con tannini spessi, financo sabbiosi. Il frutto è sottile seppur composto, più faticoso verso la fine.3. AdV "Il Sigillo" - Cantine del Notaio 2006. Colore evoluto. Appena venato di riflessi scarlatti. Naso composto, intrigante, con tutte le spezie al loro posto. Tannini levigati, seppur potenti. Lungo con tanta nota dolce. Caldo, più caldo nel mezzo, resistente nel finale.4. AdV "Le Drude" - Laluce 2006. Il naso è più evoluto, molto caldo. Un po' scavato nel percorso, con tanta terra, la corteccia, la botta d'alcool. Risulta poco comunicativo, anzi fin troppo lineare nel sorso. Un certo sussiego unito ai tannini verdi e rasposi, con poco tridimensionalità. Non breve.5. AdV "Stupor Mundi" - Carbone 2007. Scarlatto arrubinato, con naso caldo e pastoso. Unisce i tratti verdi e le risonanze di erbe officinali. L'assaggio, non troppo lineare, ha tanto tannino scalciante, per certi versi assai esposto. Intenso, ma impegnativo.6. AdV "Roinos" - Eubea 2006. Nero, violaceo al bordo, con una deriva balsamica intensa. Resinoso, quasi mentolato. La bocca è agevole, garbata, armonica. C'è alcool evidente, ma è morbido, se vuoi appena largo verso il finale. Lineare, ordinato, ma non lunghissimo.7. AdV "Damaschito" - Grifalco 2007. Maschio, cuoio, muschio. Poi terroso, con quel tono nero che impallidisce lievemente verso il bordo. Qualche traccia balsamica, con l'aromaticità spinta. La bocca non è molto accogliente, ma progressivamente godibile. Brilla di una bella bevibilità, tenuta ed equilibrata. Fresco, variegato di acidità controllata, vivo di tannini vivi.8. AdV "Macarico" - Macarico 2006. Diverso: bello di colore, naso venato di ombre medicamentose, muschioso. Bocca che rimanda all'animale, appena brusca: tannini a tratti rugosi. Tanto alcool, evidente anche se ben controllato. Bocca perfettamente coerente, ricca di una vigorìa inusuale.Per curiosità dello scriba, gli assaggi sono stati ripetuti, scoperti, dopo uno e due giorni. La motilità delle sensazioni è stata fonte di sconcerto, non meno che di sconforto: tanta variabilità è nel prodotto o nelle dubbie sicurezze dell'assaggiatore? A seguire le schede dei singoli vini.

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