Attualità

Appunti Dilùce | Langhedòc

pubblicata il 31.05.2012

Guidando circospetto tra le curve e i montarozzi rimbombava questa assonanza, Languedoc, Langhedòc. Un giuoco di suoni senza costrutto, ma che mi è rimasto appiccicato ai polpastrelli mentre scattavo qualche sparo (shot) della regione vinicola più preziosa d'Italia. In effetti leggere sui cartelli i nomi del mito, i Cannubi, La Morra, Barolo: un certo effetto lo fa, come quando a Hollywood, Los Angeles  i ragazzini per strada ti vendono The Maps Of The Stars. Guido con attenzione, guidare con il finestrino aperto è una metafora di camminare in punta di piedi: mi fermo spesso, ricordando di guardare gli specchietti, che ti vien voglia di dimenticarti via. Ho spento la musica, non c'era una colonna sonora plausibile per questa roba verde e blu che dimezza l'orizzonte. Uscendo da La Morra verso Barolo la voltata ti spalanca un abisso verde, che chiama capofitto un tuffo verso il basso: la costa scende a valle, con la forma di una zuppa inglese appena capovolta ma d'altri colori. Formichine in tute colorate si aggirano tra i filari, impegnate in gesti arcani. Sembrano immobili, che non stanno facendo nulla: così lontane come sono, formichine indossatrici, appese ad un filo invisibile da qualche giocoso e crudele gigante. Non fa silenzio, che per l'aria combattono macchine guerresche: soffiano arrotano tagliano traggono sospingono, ferri legni acciaio e macchine, cavalcate da altri uomini informi sotto curiose tenute di lavoro. La luce picchia dritta, le prospettive scolpiscono.

Condividi

LEGGI ANCHE