Attualità

Appunti Diviàggio | Arzak a San Sebastian

pubblicata il 17.08.2012

Ci sono uomini che sovrascrivono se stessi: Arzak è uno di questi. Quando li incontri senti il peso della loro storia sulle tue spalle, e non sempre è+ una sensazione confortevole: anzi a volte diventa quasi disagio, ancora più che soggezione. Eppure Arzak continua a trasudare passione ed amore per il suo lavoro, incrinata nè dall'avanzare del tempo nè dai consolidatissimi successi. Eccolo lì a saltabeccare per la sala, a sovrintender tutto. Certo lascia ad Elena il compito di scrivere i piatti, e di raccontarne - dolcemente - l'essenza a qualche cliente appassionato. Arzak è più di un secolo di storia, è famiglia, è retroavanguardia: perchè quello che arriva in tavola pare essere sempre il futuro di come lo vedevamo un paio d'anni fa, come in un -bellissimo- romanzo di Jules Verne. Certo c'è tecnica monumentale, un mestiere da oreficeria, una chiarezza di progetto da far invidia ad un ingegnere. Tutto brilla, tutto sfavilla: se non che alcuni momenti paiono aver già detto tutto. Esperienza di gran pregio, su cui vale la pena di riflettere ancora prima di dire: perchè quando c'è il mito di mezzo, occorrono stivali chiodati. Ah: costare costa, anzi la degustazione è la più cara [fino ad ora] ad eccezione di quella di Bruno Oger, che al livello superiore di quello testato picchiava via 195 euriali, che era oggettivamente una somma esagerevole per quella cucina.

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