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Bollettino ai naviganti | Viaggio nell'Emilia piccola

pubblicata il 02.07.2010

Vivo un' idea rarefatta dell''Emilia: non quella geografica canonizzata e istituita, ma quella che leggo sulla pelle. Io che non ho campanile e freguntubo dei noi e voi, e che mi viene l'orticaria solo a vedere l'ombra di un confine soprattutto culturale. Ma l'Emilia - che non vivo più metro per metro come facevo una volta, ora che son  sospinto altrove dagli zefiri della vita - ha un perimetro più ristretto. Sento poco Emiliamìa la provincia di Piacenza, che sborda in Lombardia per i diritto e per il rovescio: sarà per riminiscenza natatoria, che nelle regioni della FIN (Federazione Italiana Nuoto) la provincia di Piacenza stava in classifica dilà, e non diquà. Un peccato, che mi perdevo il gusto virilmente sfidante di battermi con i braverrimi della Canottieri Vittorino da Feltre e la loro plurialluvionata piscina all'ombra dell'Autostrada del Sol. E non riesco a vivere nemmeno come completamente Emiliamìa la provincia di Bologna: troppo metropolitana, troppo capitale, troppo profondo il complesso di inferiorità da città cadetta di noi reggiani.Già Parma fatica ed essere completamente, profondamente emiliana: con quel suo guardarti di sghimbescio, la erre à la fransè, il granducato e la grandeur, i negozi di abiti inglesi e tutto l'armamentario di puzze sotto il naso delle ragazze dell'università. Belle eh, non c'è che dire, e brave pure, ma insomma.Allora per il navigante che si trovasse sperso da est ad ovest, dall'alba al tramonto, ecco alcuni indirizzi di sicurezza.A partire del più meticcio dei crocevia, ecco a Finale Emilia  la Fefa, antica posta di barcaioli anche se oggi il canale non c'è più, ma ricca di etichette della tradizione pescate anche nella anticamente rigogliosa comunità ebraica. Tutto dall'altra parte trovi il classicissimo e consolidato Cesare a Spilamberto: nessuna sorpresa ed una cucina di tradizione, incluse le sfogline che si mettono a tirare la sfoglia in sala. Ineluttabile burrosità ma per lo straniero sarà sosta convincente, incluso lo show del finto-burbero oste. Se alla Vecchia Torre di Savignano sul Panaro hai qualcosa in più d'attenzione per i primi piatti, ad esempio, rispetto ai fungosi gnocco-e-tigelle lungo le strade dell'Appennino, il vero brivido viene dalla Podesteria di Gombola. Lassù in alto in una valle secondaria del Secchia, ecco sulla rupe altissima nereggiare i resti del castello: dentro una comunità asinina - letteralmente di coltivatori di ciuchi - autogestisce una Tavola inebriata dalle spettacolari farine a pietra del vicino mulino ad acqua. E il panorama vale il viaggio.Sempre sui crinali ma d'altro versante un altro evento di recupero delle emergenze medievali (come non dire: Matildiche) a Carpineti, l'Ostello della Pieve di San Vitale. Nessun fronzolo, solo gnocchi fritti da farine montanare e belle tigelle gonfie. Salumi di pregio, qualche lambrusco e conto all'onestà. Bella la camminatina di mezz'ora con le spalle al Castello delle Carpinede.Rusticissima cucina in rusticissima costruzione, Cà Poggioli a Lugo omaggia la tradizione della prima montagna, con inserti di carne ovina tra i cappelletti e le paste ripiene. Scendendo incontri la bella cantina e il bel dehors in fazza alla Rocca dei Boiardo, a casa di Contrano Medici dell'Osteria in Scandiano, dai tortelli alluvionali. Oppure, più a ovest, Corte Ruspecchio, un crossover tra una cucina casalinga fatta al ristorante ed una trattoria che non si rassegna ad essere solo osteria. Di nuovo sugli scudi i primi, pietanze più appoggiate. Lambruschi anche di ricerca. Deviando verso la bassa tortellanze e gran gnocco fritto all'Antica Trattoria Cognento, una macchian da guerra da cento coperti in grado di garantire un buon piatto di tortelli anche con il pienone. PAssando di provincia, dritto nel ventre di Parma, proprio dalle parti del magnifico Battistero, il Rigoletto fa cucina di tradizione con buoni prodotti: avrai culatelli e tortelli, e non meno di un buon bicchiere. Un salto indietro nel tempo con la Trattoria Cavazzini a Casatico di Torrechiara, che appena varchi la soglia ti sembra di ricapitolare negli anni settanta, perlinato e vino della casa e tutto. Ma lessi e cappelletti valgono. Il conto invece è contemporaneo.Altrettanto sperduta e forse anche più introvabile a Lesignano de' Bagni la Trattoria Capelli, che sembra proprio casa sua. Sorpresona per la cura della proposta, tra bottiglie di epica discendenza, salumi preziosi, formaggi d'affinamento. Sulla strada invece - come le Osterie di una volta - l'ingresso della trattoria Porta di Felino, profondamente parmigiana e in forma e sostanza: una bella e piacevole sosta tra salumi di ricerca, paste ripiene affidabili e qualche piccolo guizzo di creatività.Son 318km golosi, 20/30mila Kcalorie da spendere: con una omogeneità di prodotto che solo il gusto delle sfumature non renderà monotona. Salumi, che con un po' di sforzo possono diventare eccellenti; primi sempre strepitosi di sfoglia all'uovo, asciutta, in brodo o ripiena; secondi brasati in un'idea abbastanza consunta di cottura lunga e sfiancante, e su tutti il P.Reggiano e il Lambrusco.Dag mo d'l'oli.

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