In un futuro abbastanza prossimo potremo nutrirci di cellulosa. Non che ora non sia presente nella nostra normale dieta: la cellulosa è infatti un polisaccaride fondamentale per la struttura delle piante e di essa sono composte le pareti cellulari dei vegetali che normalmente mangiamo, come ad esempio l'insalata. Le parti legnose delle piante sono costituite da cellulosa, così come gli steli e buona parte delle foglie. Il problema è che è formata da una lunga catena di molecole di glucosio, legate fra di loro da un legame diverso rispetto all'amido. Proprio in questo legame sta il problema dell'uomo con la cellulosa: non riusciamo a romperlo. Riescono a farlo solo gli animali erbivori, grazie a una serie di batteri e protozoi che sono ospitati nel prestomaco dei ruminanti o nell'intestino dei cosiddetti monogastrici. Per noi però la cellulosa resta un elemento non digeribile.
Senza accorgercene particolarmente, la cellulosa rientra però nella nostra dieta normale come ingrediente secondario di alcuni preparati alimentari: ecco dunque comparire sulle etichette la metil-cellulosa (E461), l'etilcellulosa (E 462), l'idrossi-propil-cellulosa (E 463), solo per fare alcuni esempi. Queste vengono normalmente utilizzate come addensanti, ma anche come elementi miglioratori di alcune farine prive di glutine. Recentemente, grazie alla cucina cosiddetta molecolare, è balzata agli onori della cronaca proprio la metil-cellulosa, per la sua capacità di sciogliersi in acqua fredda e solidificarsi quando il composto viene riscaldato.
Ma il futuro della cellulosa potrebbe essere diverso, orientato verso il consumo umano vero e proprio. Il professor Percival Zhang, associato di ingegneria dei sistemi biologici della
Virginia Tech, ha infatti guidato una squadra di ricercatori verso la definizione di un nuovo processo che consente di trasformare la cellulosa in amilosio, un amido digeribile da parte degli esseri umani. Il processo è abbastanza complicato e prevede una serie di reazioni enzimatiche in contemporanea a una fermentazione microbica. Il risultato è la rottura della catena di glucosio che compone la cellulosa e la sua ricomposizione in un amido facilmente assimilabile e utilizzabile.
Questa scoperta apre nuovi scenari, permettendo teoricamente di ottenere cibo da qualsiasi pianta e soprattutto da qualsiasi parte di essa, compreso il tronco. Ma non basta, perché la scoperta si presta anche ad altri utilizzi più creativi: la produzione di film plastici biodegradabili ad esempio e - perché no - confezioni alimentari edibili. Se si aggiunge che il processo non richiede l'utilizzo di energia elettrica, di sostanze chimiche inquinanti e non produce nemmeno scarti, pare proprio che il professor Zhang abbia trovato l'uovo di colombo. E se entro il 2050 la via al vegetarianesimo pare essere l'unica per la salvezza del pianeta, l'utilizzo di cellulosa come alimento potrebbe essere una risposta al crescente fabbisogno alimentare di una popolazione in continua crescita. Che tristezza però.
Immagine: Co.EXIST