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È un batterio, ma è anche un’intossicazione alimentare, che può avere sintomi da molto lievi a molto gravi: 5 risposte per conoscere meglio il problema e sapere come eventualmente affrontarlo.
Prima i würstel, poi la porchetta (di Ariccia IGP, per giunta), la gorgonzola DOP e adesso pure il salame: in Italia si torna a parlare di listeria, dei lotti di prodotti ritirati dal mercato e anche delle vittime che questa infezione ha causato in passato.
Ma che cos’è la listeria? Da che cosa è provocata, in quali alimenti si può trovare e come si può evitare? Di seguito rispondiamo alle 5 domande più diffuse su questo argomento.
Vanno bene entrambi i termini: come spiegato online dall’Istituto superiore di Sanità o (per esempio) dall’Istituto Humanitas, “la listeria, detta anche listeriosi, è una tossinfezione alimentare che prende il nome dal batterio che ne è la causa”. Non solo: la parola listeria va bene sia per l’intossicazione sia per il batterio che la scatena, che per i più precisi si chiama Listeria monocytogenes.
Questo batterio è solitamente presente nel terreno e nell’acqua e dunque può facilmente contaminare ortaggi e verdure; inoltre, molti animali (compresi quelli negli allevamenti) possono venire infettati senza mostrare alcun sintomo. Fra gli alimenti principalmente associati alla listeriosi ci sono prodotti a base di carne (come paté di carne, hot dog o le carni fredde tipiche delle gastronomie), pesce affumicato (il salmone è l’esempio classico), formaggi a pasta molle, erborinati o poco stagionati, verdure preconfezionate e latte non pastorizzato.
Sono di due tipi, a seconda della gravità dell’infezione. Se si limitano a febbre, nausea, diarrea e dolori muscolari, sono generalmente associati alla forma più lieve e si presentano solitamente poche ore dopo avere consumato il cibo contaminato. Invece, emicranie, confusione, irrigidimento del collo e perdita dell’equilibrio possono indicare la forma più grave, che colpisce il sistema nervoso, si può manifestare anche oltre un mese dopo l’ingestione del batterio e può portare a meningiti, encefaliti e gravi setticemie. Secondo il sito dell’ISS, è particolarmente pericolosa per le donne in gravidanza e può causare infezioni neonatali, parto prematuro e addirittura aborto.
Come più o meno tutti i batteri, anche questo si può eliminare attraverso processi di pastorizzazione e cottura. Dunque, la prima soluzione è cuocere il cibo prima di mangiarlo, come dovremmo aver imparato con la storia dei würstel. Inoltre, valgono i soliti consigli di buon senso, che sono elencati nella pagina dedicata su epicentro.iss.it, ma che qui riassumiamo: lavare per bene le verdure prima di consumarle, separare le carni crude dalle verdure e dai cibi cotti e pronti a consumo, evitare i formaggi se non si ha la certezza che siano prodotti con latte pastorizzato, lavare le mani e gli utensili da cucina dopo aver maneggiato alimenti crudi.
Se, nonostante questi accorgimenti, si dovesse comunque contrarre l’infezione, il modo per curare la listeriosi è solo uno: si usa la terapia antibiotica, sia per gli adulti sia per i bambini, che somministrata per tempo alle donne in gravidanza può evitare la trasmissione della malattia al feto.
Come hanno dimostrato nel tempo i casi dell’ossido di etilene nei gelati confezionati o anche quello della salmonella e degli Ovetti Kinder, purtroppo queste contaminazioni possono capitare. Non è solo questione di lavorare male, perché possono capitare anche a chi sta attento e lavora bene. Quello che possiamo fare noi consumatori, è stare attenti a nostra volta: sul sito del ministero della Salute c’è una pagina dedicata alla Sicurezza alimentare dove sono elencati giorno per giorno i vari provvedimenti e gli eventuali richiami, con i nomi esatti dei prodotti coinvolti. Sarebbe meglio prendere l’abitudine di consultarla spesso, almeno un paio di volte alla settimana.
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