Chef’s Table Pizza: quando il piatto cult diventa luogo dell’anima
Arriva il 7 settembre su Netflix la docu-serie dedicata al mondo della pizza: l'abbiamo vista in anteprima e vi diciamo perché vederla.
La famosa docu-serie di Netflix Chef’s Table che racconta il dietro le quinte della vita e delle cucine di celebri chef arriva il 7 settembre con la sua settima stagione, tutta dedicata a uno dei cibi più amati al mondo e tra i simboli della cucina italiana. Stiamo parlando della pizza, protagonista assoluta di Chef’s Table Pizza: sei puntate che narrano le interpretazioni di 6 cuochi e pizzaioli a cui questo lievitato ha cambiato il corso dell’esistenza. E no, non si tratta solo di pizzerie made in Italy - magari di quelle citate nelle classifiche attuali - perché qui la pizza diventa un luogo dell’anima, inscindibile da chi la crea, tanto che può essere speciale a Caserta (Franco Pepe) così come a Kyoto (Yoshihiro Ima); a Roma (Gabriele Bonci) così a Portland (Sarah Minnick); a Phoenix (Chris Bianco) così a Minneapolis (Ann Kim).
Avete mai pensato che andando in Giappone potreste trovare uno chef che ha immaginato di far gustare una pizza durante la classica cerimonia del tè al posto del riso? Lui è Yoshihiro Imai, vera e propria leggenda in Sol Levante, formazione al noma di René Redzepi e anima del Monk, locale da 14 coperti poco fuori Kyoto dove la cottura dei cibi avviene esclusivamente a legna. Nato in una famiglia di dentisti, i genitori sognavano la stessa carriera. Invece l’assaggio di una pizza ai funghi porta il giovane Yoshihiro a cambiare prospettiva, creando la sua personale idea di cucina, così personale che sulla pizza ci mette l’ayu, tipico pesce di fiume giapponese dalle carni piuttosto dolci che si consuma nei giorni di festa.
E potremmo andare avanti così: con l’altro italiano Franco Pepe, che fa della pizza una missione di vita, litigando con la famiglia di origine, separandosi dalla moglie, puntando tutto sulla ricerca dell’impasto perfetto. La sua Margherita sbagliata, con una base di mozzarella cotta al forno, la passata di pomodoro aggiunta a crudo e condita con una salsa fresca di basilico varrà il sacrificio? (nessuno spoiler, sì). Ann Kim, figlia di migranti dalla Corea del Sud è una famosa ristoratrice che ha trovato nella pizza il suo modo di uscire dagli stereotipi, sfornando a Minneapolis, nel cuore della provincia americana, non la “pizza pepperoni”, ma la pizza con il kimchi. La pizza è, invece, la tavolozza su cui dipinge Sarah Minnick, proprietaria della migliore pizzeria di Portland: arrivata quasi per caso all’arte della pizza, è diventata una “maestra” dell’estetica (particolari le sue pizze floreali) e dell’uso rigoroso dei prodotti stagionali.
Ultimo, ma in realtà protagonista dell’episodio 1, è Chris Bianco, cuoco di famiglia italo-americana che per primo, un po’ come fece Julia Child con la cucina francese, portò in America, precisamente in Arizona, una nuova filosofia della pizza: usare la farina buona, il pomodoro buono, la mozzarella buona, scegliendo solo ingredienti di qualità, per creare qualcosa di semplice e magnifico allo stesso tempo. Cosa che adesso si dà per scontata, ma che nel 1987 negli USA non si era mai vista.
Chef’s Table Pizza quindi, non è un documentario sulla pizza perfetta, ma sulla pizza che rompe gli schemi. Non aspettatevi di scoprire come si fa la pizza secondo le “regole”, ma di scoprire in quanti modi si può pensare alla pizza, tenendo sempre bene in mente che è un programma dedicato a un pubblico internazionale, dove la sensibilità nei confronti di questo piatto cambia da Paese a Paese. Nella puntata dedicata a chef Yoshihiro Imai, una delle voci narranti dice che in Giappone c’è un famoso detto che recita: “il chiodo che sporge va martellato”, per essere uniformato e rispondere ai dettami della società. Ecco, qui vedrete tante pizze che sporgono, ma alla fine non vorrete martellarle, casomai vi verrà pure la curiosità di assaggiarle.
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