Attualità

Chiare, dolci, fresche angurie

pubblicata il 03.07.2013

Ci sono pochi, pochissimi frutti legati all'estate come l'anguria. Dissetante, idratante, povera di calorie, saporita e pure divertente, la si può trovare in tutte le forme e varianti, dal frigo di casa fino alla tavola del ristorante. Ma il modo più bello di consumarla resta quello di fermarsi a gustarne una fetta dai venditori lungo la strada: baracchini improvvisati o più strutturati, che prendono vita solo nei mesi estivi per fornire refrigerio ai passanti o ai clienti abituali. Ce ne sono sempre meno ormai e alcuni hanno subito, giocoforza, lo scorrere del tempo e si sono ammodernati, proponendo anche panini, bibite e cocktail. Ma il fascino dell'anguriara, per quelli della mia generazione, resta scolpito indelebile nei ricordi: enormi  mastelli ricolmi di acqua e ghiaccio, in cui venivano fatte galleggiare numerosissime angurie. L'anguria o cocomero prende il nome scientifico di Citrullus lanatus e appartiene alla famiglia delle Cucurbitaceae, nella quale si trova in buona compagnia: zucche, cetrioli, zucchine, meloni sono tutti suoi stretti parenti. L'origine è quella dell'Africa tropicale e subtropicale, dove cresce ancora allo stato selvatico e fornisce alle popolazioni indigene un'importante fonte d'acqua e di cibo. Una delle prime testimonianze della sua esistenza risale a più di 5000 anni fa ed è arrivata a noi grazie ai geroglifici. Per gli egiziani questo frutto era infatti legato al mito del dio Seth e veniva spesso deposto nelle tombe dei faraoni quale sostentamento per il viaggio verso l'aldilà. In Europa è arrivata solo dopo molto tempo, grazie alle crociate. Altri invece sostengono che il cucumis di cui parla Plinio non sia il cetriolo, ma proprio l'anguria. A prescindere da come sia andata, l'anguria viene oggi ampiamente consumata e coltivata in Italia su oltre 10mila ettari di superficie, mentre il leader a livello mondiale resta la Cina, dove gli ettari coltivati arrivano a essere quasi due milioni (dai FAO), seguita a lunga distanza da Iran, Russia e Turchia, con una superficie che va dai 140 ai 170 mila ettari. L'anguria o cocomero è una pianta erbacea annuale, che ha bisogno di terreni umidi e ben drenati, oltre che di caldo e di sole per crescere bene. Gli inconfondibili frutti sono delle grosse bacche, dette peponi, con l'interno normalmente rosso, punteggiato di numerosi semi bianchi e neri. Le cultivar sono oltre una cinquantina, ma in realtà in commercio si trovano poche varietà, dalla comunissima Crimson sweet, dalla forma sferico-ovoidale e dalla buccia striata tendente al verde chiaro, fino alle moderne Sugar baby, le piccole angurie di pezzatura ridotta, con la buccia sottile di colore verde scuro. Ci  sono poi anche le curiosità, come le angurie a polpa gialla, quelle quadrate dal Giappone, o quelle che vengono fatte crescere sospese in aria. La caratteristica principale dal punto di vista nutrizionale è la ricchezza d'acqua, che compone fino al 95% del frutto. Modesto, anche negli esemplari più dolci, il contenuto in zuccheri: 4-5%. Scarsa anche la presenza di proteine, fibre e grassi. Interessante invece il contenuto in vitamina C e, in parte minore, A e B. L'apporto calorico è irrisorio: 16 kcal ogni 100 grammi di frutto. È un frutto adatto a tutte le età, con due accorgimenti: meglio evitare il consumo subito dopo i pasti, in quanto l'elevato contenuto in acqua disturba la digestione, così come è meglio evitare di mangiare i semi, che hanno un discreto potere lassativo. Per tutto il resto mangiatene pure a sazietà: a fette, a cubetti, col coltello, affondando la bocca, oppure in un semplice ma stupefacente sorbetto. Servito con l'aggiunta di fave di cacao e qualche pizzico di fior di sale potrà stupire anche l'amico più esigente.

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