Attualità

Ci sono luoghi

pubblicata il 04.09.2007

Capita anche di dormire a Pasturago di Vernate. Esiste, davvero. Diteggi con discreta foga occhieggiando il monitòre: cerchi un Oste che ti satolli, ma i due o tre indirizzi che t'aggallano sono proditoriamenti chiusi, è lunedì. E' tardi, e di girare tra le buie risaie ne hai abbastanza, una torre d'estrazione in lontananza a fare da punto di riferimento tra i sinist-dest della stradina agricola. Incocci nel "centro"di Vernate, composto di: no quattro case, ma tre, di cui una è il Municipio e l'altra è il Ristorante Con Orchestra (menù prezzo fisso solo mezzogiorno) Giuanìn. Volti dentro. Bancone all'ingresso, signora alla macchina del caffè; chiedi di cenare, e lei ti dice Le accendo le luci. Ti accompagna in un hangar aeroportuale con sei o settemila coperti, uno più uno meno, disabitato. In un angolo due ottuagenari e un infante ravanano nel piatto, gente di casa. Sudi. L'Oste, maglietta Megatone, ti porta il menù: c'è pizza, que suerte. Stupefacentemente sarà buonissima. Potrai raccontare agli amici che ti sei smarrito nella campagna del Parco Agricolo e sei sopravvissuto, della cucina dire non sai e non te ne rammarichi.
All'alba praticare le stesse stradine su due ruote, sole negli occhi e vento tra i padiglioni delle orecchie, è bozza impressionista: il riso è maturo e gonfio nelle risaie, il frumentone gialleggia sui gamboni, i pioppi genuflettono le chiome. Ti schianti i polmoni sui cavalcavia prima che sia giorno, e i campanili di chiese disabitate sembrano matite conficcate a testa in giù dai bimbi di un Creatore distratto. Nomi epici di paesi che sono in verità una cascina a gambe all'aria sulla strada, porta sul ciglio, finestra all'altezza del cavallo dei pantaloni. Non c'è nessuno quaggiù, il formicaio meccanizzato di Milano è a dieci kilometri scarsi. Questo pezzo lo faremo a quaranta, quarantadue all'ora, e quello sgorbio che vedi sulla fazza del ciclista non è una smorfia di fatica. E' proprio un sorriso.

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