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Colfòndo | Raccontare cosa ci siamo portati a casa in meno di mille caratteri ed essere felici

pubblicata il 03.03.2011

Poi di questi eventi siamo in tanti a raccontare: tanto che par d'essere stucchevoli. Per chi non avesse voglia di leggere Luca Ferraro, Carolina Gatti o l'incontenibile Vittorio Rusinà ecco un compendio espresso: sei produttori di Prosecco tradizionale rifermentato in bottiglia, prelevati di forza dalla quattro sottozone, a confronto con una varietà di uditori, parlatori ed assaggiatori della più bell'acqua. Obiettivo: capirne di più. Partecipano: La Basseta, Zanotto, Gatti, Bele Casel, Costadilà, Nicos più un "imbucato": il Mauzac Nature di Francia, facilitato da Les Caves de Pyrene. Quindi dopo l'inevitabile assaggio alla cieca, si procede con una bevuta scoperta, sotto racconto dei produttori. Mi piace, quel filo di emozione che attraversa le loro corde vocali come una brezza alcoolica: è il segno di una verità che ancora aleggia tra queste bottiglie di piccola tiratura: difficili, spesso impervie. Magari un istante di esitazione quando si comincia a parlare: dove, come e perchè di quel vino. Poi occorre una moderata moderazione per fermarli, una specia di mantra "ecco, adesso uguale ma con metà delle parole". Tutti ridono, perchè l'entusiasmo è virale. Mi piacciono, i Prosecco Colfòndo. Non tutti alla stessa maniera: qualcuno è tanto prossimo al Prosecco convenzionale - nelle sue espressioni più convincenti - da apparire ancora in cerca di una propria identità. Altri sono così rari, così mòtili da percorrere sentieri impervi: seducenti, ma solo per chi si avvicina per un assaggio saggio e motivato. Cos'è il Prosecco Colfòndo? E' l'espressione arcana di un territorio emendata dalle produzioni alluvionali, e probabilmente per questo confinata per non breve viaggio nei consumi di nicchia. Certo, alcuni bicchieri si giovano di poetiche imperfezioni, qualche subitanea redolenza, qualche eco un po' slabbrata. Ma non è più tanto questo. Immaginiamoci una casa automobilistica che fa uscire un modello nuovo: eppure ogni pezzo ha una sua singola storia, seducente ed unica: ma da raccontare all'appassionato, che si potrà beare di quell'unicità a prezzo di una qualche panne in più. Per fare un esempio: una Morgan con il telaio in legno, sempre. Ma se quella varianza la dovessi inserire in un prodotto di larghissima serie - cinque milioni di pezzi, d'amblè - ecco il dubbio: si tratta ancora di una caratteristica unica, fascinosa o piuttosto di un prodotto inaffidabile? Io che compro quell'auto la voglio corrispondente alle mie aspettative, oppure sono disponibile ad accettare qualche discrepanza in nome di una romantica visione dell'artigianato automobilistico in via di estinzione? Ecco, tradotto in poche righe, il dilemma di un produttore di Prosecco Colfòndo: un prodotto che trae il suo fascino maggiore dalla sua artigianalità, dalla sua variabilità: da bottiglia a bottiglia, e addirittura nella stessa bottiglia, nello stesso bicchiere se atteso per il giusto tempo. Mi ha chiesto nel corso di una breve intervista il giornalista Nereo Pederzolli, che ha partecipato all'incontro: ma il consumatore è pronto per questa "evoluzione"? La risposta non può essere che: No, dalle parti della massa dei grandi numeri, dell'aperitivista da prosecchino, del bottiglista da tre euri il pezzo. E a questi dobbiamo spiegare com'è il vino vivo, perchè si muove, e quale cifra complessiva di piacere si può ricavare correndo qualche rischio. Raccontiamolo, è l'ora dei vini lo-fi. A bassa fedeltà come le pellicole di Lars Von Triers, come i primi vinili di P.J.Harvey. Immagine (a bassa fedeltà): courtesy By D'Uffizi Special Thanks: Andrea Bez, con una virile stretta di mano.

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