Stesso prezzo, confezioni più piccole: cos’è la shrinkflation e come difendersi
Pacchi di pasta con dentro meno pasta o di patatine con meno patatine e di cioccolato con meno cioccolato: le aziende cercano di risparmiare, ma noi consumatori paghiamo uguale ottenendo di meno
Sui social network è pieno di immagini, post e commenti indignati: su Facebook e su Twitter, ma pure su Reddit, tutti accompagnati dall’hashtag #shrinkflation. Che è un termine nato dall’unione fra le parole inglesi shrink (restringere, in italiano) e inflation e ha a che fare con un tema di cui di recente ha scritto pure il Financial Times.
In sintesi, è quella cosa per cui paghi uguale ma ottieni di meno. Nella pratica, e per quanto riguarda il cibo, sono le confezioni (di pasta, biscotti, tonno, caffè, marmellata, patatine e così via) o le lattine (e bottiglie e bottigliette) che diventano più piccole rispetto a qualche mese fa o contengono una minore quantità di prodotto, ma costano lo stesso prezzo. Appunto: paghi uguale ma ottieni di meno.
Qualche esempio di shrinkflation
Fra i più citati casi di riduzione e restringimento, ci sono confezioni di spaghetti passate da 450 a poco più di 400 grammi o di patatine con dentro 5-10 patatine in meno, c’è Pepsi che ha spiegato di avere ridotto del 14% le dimensioni delle bottiglie di Gatorade per “renderle più aerodinamiche” e “più facili da afferrare” e c’è la britannica Cadbury (che fa parte del gruppo Mondelez) che ha ridotto del 10% le dimensioni delle barrette di cioccolato Dairy Milk, ammettendo di “non poter far altro a causa dei sempre più alti costi di produzione”. Il caso delle Dairy Milk è interessante, perché ricorda un altro episodio celebre che dimostra che il fenomeno shrinkflation non una novità di ora: qualche anno fa, per far fronte all'aumento del costo del cacao, i produttori del Toblerone (sempre gruppo Mondelez) decisero di ridurre il numero dei denti di cioccolato, aumentando gli spazi tra l'uno e l'altro per risparmiare sulla materia prima. I clienti si arrabbiarono tantissimo.
Il problema riguarda il cibo, ma non solo: online, le associazioni di consumatori raccontano di flaconi di detersivi, bagnoschiuma e dentifricio pieni per tre quarti, di rotoli di carta per la casa (anche di marchi famosi) dove aumenta il diametro del buco interno e dunque c’è meno carta, e di note catene di hotel, come Hilton e Marriott, che fanno pagare di più per servizi che una volta erano gratuiti, come la pulizia quotidiana della stanza, e anche hanno ridotto sensibilmente il buffet della colazione.
Perché succede e come provare a difendersi
Le ragioni di tutto questo ormai le sappiamo (l’ultimo a spiegarcele è stato il presidente di Pasta Rummo): produrre costa di più, energia e gas costano di più, le materie prime costano di più e molte aziende sono in difficoltà. Dovrebbero probabilmente aumentare i prezzi, cosa che però rischierebbe di allontanare i clienti e ridurre i guadagni in un momento di già forte crisi.
E allora che fanno? Li tengono uguali, ma dando di meno. Aumentano i prezzi senza aumentare i prezzi. E il problema, per noi consumatori, sta proprio qui: nel modo in cui questa cosa viene fatta. Come si vede, tutti gli esempi riguardano casi di shrinkflation appena percettibili: 50 grammi di pasta in meno, 7 patatine in meno, 20 grammi di cioccolato in meno, 20 fogli di carta in meno. Se prendi in mano una confezione, nemmeno te ne accorgi. Se guardi il prezzo, nemmeno te ne accorgi. È dopo che te ne accorgi, quando scopri che la pasta, le patatine, la barretta o la carta igienica finiscono più velocemente e devi ricomprarle più spesso.
Alcune associazioni di consumatori hanno presentato esposti all’Antitrust per verificare se la shrinkflation sia una violazione del codice del Consumo e costituisca una pratica commerciale scorretta, ma anche senza arrivare a tanto, una cosa la possiamo fare pure noi quando andiamo a comprare. Possiamo (anzi: dobbiamo) controllare il prezzo al kg degli alimenti che scegliamo, che dev’essere esposto per legge e su cui è impossibile fare trucchi e giochetti. Lo sappiamo, ma spesso ce ne dimentichiamo. E invece ora più che mai dovremmo ricordarcene.
In attesa che le cose tornino alla normalità, che si risolvano i problemi all’economia e alla filiera alimentare causati dalla guerra in Ucraina e dal cambiamento climatico.
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