Attualità

Della Cucina Follicolare

pubblicata il 26.04.2009

Leggi che ti rileggi, alla fine qualche Caro Amico Digitale mi sgrida perchè non dico la mia sulla faccenda della Cucina Molecolare. Ha ragione, naturalmente. Ho tentato di mantenere una posizione neutra nel confronti del merito, che ognuno la pensi come vuole: ma piuttosto critica nei confronti del metodo. Che ho trovato eterodiretto, per dirla con un amabile termine molto anni settanta. Vediamo. La mia conoscenza della filologia delle lingue neolatine è - per dirla con un eufemismo - fortemente lacunosa. Al punto che non scommetterei qualcosa di caro sull'idea che coltura e cultura abbiano la stessa etimologia. Eppure le radici sono così contigue da indurre in tentazione. Magari si tratta di un false-friend, come gli anglosassoni definiscono le assonanze ingannevoli: e si sa che gli anglosassoni chiamano se stessi nuance-free. Quindi: se la coltura tratta le metodologie per accudire rizomi e tuberi con l'irrigazione concimazione e disinfestazione, possiamo immaginare che la cultura sia l'irrigazione, concimazione e disinfestazione di quel bulbo cavoliforme che abbiamo dentro la scatola cranica. Ma mentre le barbabietole e i cipollotti li annaffiamo con acqua, li nutriamo con concimi e li disinfestiamo con la Bayer, il cervello lo coltiviamo esclusivamente con le informazioni. Che sono la linfa, il cibo e l'antibiotico nello stesso tempo. Di informazioni a proposito della cucina molecolare ne abbiamo trovate a fiumi: oceani. Eppure quando sento quel termine mi viene un attacco di orticaria, come al tempo della Nouvelle Cuisine. C'è ancora qualche mio amico che quando viene a casa mia e magari si mangia un antipasto di aringhe, mele e rape rosse mi dice Ah, tu fai nuvèl cuisin. Ma è un amico, e lo perdono anche se fa il commercialista. Usare quel termine per qualsiasi preparazione successiva al 1979 è come dire che Topolino è futurista perchè ci sono le onomatopee. O dire che il manuale di Windows sembra scritto da Palazzeschi perchè viene ripetutamente usata la parola click... Il fatto è che di sotto dell'incrostazione semantica quelle combinazioni di parole hanno lo stesso significato: cucina dei furbetti per i coglioni con i soldi. Spendi molto, mangi poco. Facile, no? Perchè invece bisogna mangiare molto, piatti abbondanti e ben conditi: come quelli che ci faceva la mamma. Perchè là - e fa così con il pollice - là si che si mangia bene, sano, casalingo. Sano e casalingo come la cucina della mamma, che per vent'anni mi ha ammannito ingredienti naturali (burro, formaggio, insaccati) cucinati in modo naturale (pastasciutta al ragù a mezzogiorno, carne la sera: preferibilmente in umido) tanto da alterarmi il metabolismo in modo irreversibile. E non certo per cattìvia perbacco. E dunque, dalli al cuoco che ti fa spendere cento euri per cinque piatti costruiti come orologi, più due extra, tre persone al tavolo e una cantina da mezzo milione di euri a disposizione. Perchè la crapula è peccato, vero? Mi viene l'orticaria quando vedo lo stesso atteggiamento dell'ignoranza arrogante: di chi non avendo acquisito un linguaggio rinnega l'idioma: i sorrisi di compatimento di fronte all'arte concettuale, vuoi mettere con i capolavori del rinascimento? le facce stralunate di fronte alla musica atonale, vuoi mettere l'Aida? Il vero problema è il cambiamento: tutto ciò che turba lo stato di quiete mette in imbarazzo, frastorna ed irrita, e costa molto meno metterlo in un angolo. Disturba, honey. Questa era la premessa per l'affermazione: non ho niente da dire sulla cucina molecolare, perchè di per sè la cucina molecolare non esiste. Non so cosa sia, è un termine inventato per definire una ricerca spinta. E la cucina di ricerca non è nè buona nè cattiva, per dirla con il Principe, a prescindere: ma va assaggiata. Per dire, ho adorato Massimo Bottura, con le sue architetture intellettuali, a volte cerebrali, ma di straordinaria efficacia narrativa. Ed ho amato Rocco Iannone, che mi ha regalato una delle cene più emozionanti degli ultimi anni. Per il resto mi pare che si stia polemizzando sulla polemica più che sul cuore del problema, perchè il problema non esiste. E di qualcosa dobbiamo pur parlare, no?

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