Attualità

Di Strada | Le <em>fritole</em> con la <em>maresina</em>

pubblicata il 17.04.2012

La maresìna ła xe na pianta (nome sientifego Tanacetum parthenium) deła fameja dełe Compositae o Asteraceae. In inglese ła se ciama feverfew, in todesco Mutterkraut, in taljan matricale o partenio. La fa facile la voce di Wikipedia in łéngua vèneta. Ma la maresina, per gli abitanti della Valle dell'Agno e in parte anche di quella del Chiampo, è molto di più. È in primo luogo il ritorno di un tempo che non c'è più, fatto di gente semplice che il martedì e il venerdì affollava le strade del centro storico di Valdagno fra i banchi del mercato per fare la spesa per la settimana. E così dalle contrade ci si organizzava per andare al marcà, magari per passare da Gianni formajo ad acquistare il formaggio, magari quello pincion. Si guardavano le scarpe, si contrattava per le calze, rigorosamente in pacchetti da 5, si incontravano gli amici, si beveva un bianco. E si passava dalla fritolara per prendere la fritola, cotta in un vecchio barile di metallo tagliato a metà e rovesciato in modo da contenere l'olio, sempre lo stesso da secoli. E qui il popolo dei valdagnesi si divideva. Perché se ti piace Coppi non puoi tifare Bartali, se ascolti i Beatles odierai i Rolling Stones, e se prendi la fritola con la maresina ti farà ribrezzo quella con la sardela. La ricetta, al solito è molto controversa, ma diciamo che siamo molto vicini alla verità se prendiamo mezzo chilo di riso e lo facciamo andare per almeno un'ora in acqua bollente. Raggiunta la consistenza di una crema densa lo mescoliamo, lo saliamo e lo facciamo raffreddare. Aggiungiamo un uovo, un paio di cucchiai di farina, un cucchiaio d'olio, un paio di scodelle di maresina tritata, un etto di zucchero e qualche cucchiaio di latte se il composto dovesse risultare troppo consistente. A questo punto dobbiamo far riposare per un paio d'ore la pastella. In una padella larghissima, la più grande che abbiamo, facciamo scaldare tanto olio per friggere (a voi a la scelta). Versiamo abbondanti mestoli di pastella direttamente nell'olio, in modo che le fritole raggiungano una ventina di centimetri di diametro. Quando saranno dorate vanno estratte e lasciate asciugare, magari nella carta del sacchetto del pane, come si faceva una volta. Si mangiano ben calde, e mai più di una, pena lo sconforto del vostro dietista. Se proprio, ma proprio proprio, volete, il procedimento per fare quelle con la sardela è praticamente identico. È sufficiente eliminare la maresina e aggiungere, dopo che la pastella ha iniziato a rapprendersi, uno o due filetti di sardina sott'olio. La fritolara le serviva in una carta oleata di color carta da zucchero. Ma la fritolara non c'è più. Ha chiuso il suo banchetto del mercato, e anche la postazione fissa che aveva a Recoaro Mille in fondo alle piste da sci. Resistono pochi temerari volontari che le propongono durante le feste paesane, o durante il periodo pasquale. Siano benedetti.

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