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E capire che "il mondo del vino" è anche bere il Lambrusco per gli americani

pubblicata il 07.06.2012

Ci sono giorni in cui ti imbatti in un battibecco accalorato su Twitter tra blogger ed enotecario che culmina con un: "voi vendete a persone come me che sono il mercato più importante per il vino di qualità" (cit). Così nella testa ti comincia un gran "mumble mumble" e ti ripeti come un mantra: "il mercato più importante"...mah!  Quello che imperversa tra polemiche e sproloqui nel variegato social2.0 alla voce "il mondo del vino", in realtà è più un microcosmo del vino, una minuscola infinitesimale parte del vero mondo del vino, quello che davvero diffonde denominazioni ed esporta brand che trainano poi i piccoli produttori, e crea economia in zone come l'Emilia, terra di produzione e tradizione, scossa nelle fondamenta e nelle speranze. E allora tocca far la parte dei "cattivi" per riportare con i piedi per terra quegli esseri umani che come Icaro pensano di avere le ali, ma non si rendono conto che sono fatte solo di cera. Il mondo del vino è splendido e variegato, è fatto di realtà multiformi e dalle diverse dimensioni, è composito, sfaccettato e questa è la sua ricchezza, ed è soprattutto popolato da una miriade di uomini che con le loro storie e le loro bottiglie trovano posto per contribuire a questo enorme poema di calici, ognuno con il proprio verso (per dirla alla Prof. Keating). Poi però chiedete ad un qualsiasi contadino cosa c'è dietro la poesia della vendemmia se arriva la pioggia settembrina o il solleone agostano: sentirete parlare di fatica e di lavoro, di investimenti e di remunerazione. E quel plus tra investimenti e guadagni che nel piccolo alimentano una famiglia di vignerons, nel grande danno lavoro a centinaia di operai, impiegati, commerciali, pr e, considerando l'indotto, famiglie di agricoltori, mezzadri, produttori di tappi, produttori di bottiglie e di etichette. Già, perchè dal piccolo all'industria vinicola in ogni caso si tratta di economia reale, dove "il mondo del vino" è fatto di cifre con un significativo numero di zeri, sia in termini di litri che in termini di euro. Un mondo, che poco ha a che fare con le elucubrazioni di alcuni semplici appassionati che non lavorano in nessuna delle sfere professionali del vino e magari si illudono con un post o un Tweet di determinare le sorti di una intera DOCG. E da qui il fuorviante quadretto degli enostrippati di ultima generazione, che scrivono di vino online bevendo solo prodotti di aziende al di sotto delle 20K bottiglie, meglio se acquistate direttamente dalle mani del produttore, anche se li vorrei vedere a fare gli integralisti schizzinosi davanti ad uno Chateau La Tour al di sopra delle 200k commercializzazioni annue o ad un Dom Perignon dall'indefinita capacità produttiva, preferendogli una prenotazione per acquistare un Magma di Cornelissen, che sarà pure merce rara e bio ma pur sempre nerello mascalese battuto a quasi 100€ per 0,75l. E poi diciamocelo, cosa sarebbe  stata la mitica famiglia Antinori del Solaia, senza i bancali di Santa Cristina che l'hanno resa nota in Italia e nel mondo? Per farsi un bagno di umiltà e di realtà, consiglio a tutti di pensare che i 3 vini Italiani più bevuti al mondo sono Prosecco, Chianti e Lambrusco, e non sto parlando certo delle loro versioni "sur lie", Riserva e rifermentata in bottiglia. E' facile parlare di "vino di qualità" incantando le folle degli ignari come pifferai magici, ma chissà se ci si è mai chiesti cosa significa qualità quando si fanno certe affermazioni. Qual è il vino "di qualità"? Può essere solo una questione di dimensioni? "Qualità" nelle aziende che hanno fatto grande il nome Italiano nel mondo del vino (realizzando milioni di buone bottiglie) è la capacità di produrre vini con un certo unanime grado di piacevolezza, controllando la filiera produttiva senza mistificazioni, seguendo pratiche di vinificazione che garantiscano che siano il più possibile tecnicamente stabili, microbiologicamente puri e corrispondenti alle attese gustative ed economiche del mercato. Frescobaldi e Antinori hanno di fatto reso realtà il nome del Chianti nel mondo esattamente come Santa Margherita con il Prosecco e come le Riunite col Lambrusco perchè hanno creato una base di consenso e riconoscibilità universale a quella cosa che ancora ci rende orgogliosi chiamata "Made in Italy" fondata proprio sul concetto di qualità. Le Cantine Riunite di Modena di Reggio Emilia esportano negli USA 15 milioni di bottiglie della sola etichetta "Lambrusco Emilia IGT Amabile" (provo a riscriverlo così 15.000.000 di bottiglie), il vino italiano più venduto negli States. Il mercato americano di riferimento è ovviamente quello del mass-market (grande distribuzione), le bottiglie arrivano a scaffale a circa 5,99$ e io quel Lambrusco l'ho assaggiato, o meglio, ho fatto una vera e propria degustazione delle etichette prodotte dalle Cantine Riunite per il mercato USA. Si perchè è troppo facile parlare per sentito dire e non è da tutti i giorni poter assaggiare i vini con l'Export Manager di un gruppo come Cantine Riunite & CIV. E così Gian Paolo Gavioli mi ha messo alla prova davanti ad un Lambrusco con 50gr/lt di zucchero di dosaggio, 6,5 di acidità e 8%vol di alcol,  CO2 da Charmat, forse un lambrusco per americani del midwest che parlano come il pescatore di granchi del Maine di Crozza. Ciliegia, fragola e amarena, una spalla acida che tiene testa al poderoso zucchero (ai nipoti di George Washinghton la dolcezza piace), una mousse delicata e fine, un cenno di tannino e una gradevole persistenza che non tende mai all'amaro. Francamente, un prodotto godibile e spensierato, forse un po' troppo dolce ma caratterizzato da una piacevolezza insospettabile. Sprezzante del pericolo ho testato anche il Raspberry (lambrusco con aromi naturali al lampone), che pare più una charms liquida con la citrosodina e non fa decisamente per i palati italiani, e il Sweet Red, il vino fermo blend di lambrusco, sangiovese e merlot, che alla vinosità e al tannino unisce 60gr/lt di zucchero, decisamente fuori dalla mia portata.  L'assaggio è migliorato con i vini del marchio Albinea Canali, della gamma italiana: Codarossa Grasparossa Colli di Scandiano e Canossa DOC, Ottocentonero Lambrusco Emilia IGT e a chiudere di Cantine Maschio (selezione Maschio dei Calavlieri)  il Prosecco di Valdobbiadene cru Colbertaldo 2010. Una cosa è certa: parlare del mondo del vino italiano trascurando interamente queste realtà, è come parlare di pasta facendo finta che la Barilla non esista.

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