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Che c’entrano gli chef di Biden, Mattarella e re Carlo con il Parmigiano Reggiano? Ce lo spiega Ferrari Formaggi

pubblicata il 22.10.2024

L’azienda lodigiana è stata scelta per ospitare la visita in Italia dell’esclusivo Club des Chefs des Chefs, di cui fanno parte gli chef dei capi di Stato del mondo. Che si sono trasformati in casari per un giorno

Oltre 200 anni di storia, un marchio conosciuto in tutto il mondo e una partnership prestigiosa nata e pensata soprattutto per fare del bene: Ferrari Formaggi (per la precisione, Ferrari Giovanni Industria Casearia) è stata scelta come partner ufficiale del tour in Italia del Club des Chefs des Chefs, che riunisce gli chef dei capi di Stato e che il 3 ottobre scorso li ha trasformati in casari per un giorno nello storico caseificio di Bedonia, in provincia di Parma.

“È una cosa che abbiamo fatto senza alcuno scopo commerciale, ma che siamo stati felici di fare perché ci ha dato l'opportunità di essere in qualche modo ambasciatori di una grande tradizione”, ci ha raccontato Laura Ferrari, attuale presidente dell’azienda e figlia di quel Giovanni che dà il nome alla società.

A fare il Parmigiano con lo chef di Joe Biden

Questa “grande tradizione” è quella della realizzazione e produzione del Parmigiano Reggiano e in particolare del Parmigiano Reggiano di Montagna DOP, uno dei più premiati formaggi dell’azienda, vincitore della medaglia d’Oro all’International Cheese and Dairy Award 2024: gli chef ne hanno scoperto i segreti, imparato il disciplinare e la cortissima lista degli ingredienti e, appunto, l’hanno anche fatto con le loro mani.

Hanno provato tutte le fasi della lavorazione, sono stati coinvolti anche nella rottura della cagliata (cos’è?) e hanno potuto estrarre le forme create nel corso della giornata. Forme che, una volta stagionate a dovere, saranno donate e utilizzate per scopi benefici.

I componenti del Club des Chefs des Chefs, che esiste dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso e di cui fanno parte (fra gli altri e giusto per citarne alcuni) Mark Flanagan, chef della casa reale britannica, Christian Garcia, chef del principe Alberto II di Monaco, Cristeta Comerford, che cucina per il presidente Biden, e ovviamente Fabrizio Boca, chef del presidente Mattarella, hanno anche partecipato a una visita all'abbazia di Chiaravalle, che sta in provincia di Milano ed è ritenuto il luogo di origine del Grana Padano.

Tradizione vuole che nel 1135 i monaci cistercensi, per non sprecare il latte in eccesso, abbiano trovato un modo per conservarlo più a lungo cuocendolo con sale e caglio, che sono poi le basi della ricetta che ha portato sulle nostre tavole questo celebre formaggio. A Chiaravalle, gli chef dei leader del mondo hanno degustato il Grana Padano Riserva Ferrari, stagionato oltre 20 mesi.

Il cibo come strumento di pace e dialogo

“Questa opportunità si è concretizzata soprattutto grazie ai nostri soci francesi di Savencia: loro distribuiscono i nostri prodotti con il marchio Giovanni Ferrari nei mercati in cui sono presenti e noi distribuiamo in Italia i loro, come Camoscio d’Oro e Caprice des Dieux - ci ha spiegato Ferrari - Hanno contatti costanti con il Club, la cui delegazione fa ogni anno visita a un Paese diverso”.

Per il 2024 è stata scelta l’Italia, e Ferrari Formaggi non si è fatta sfuggire l’occasione nonostante che di ricadute a livello di business non ce ne fossero: “Non c'è assolutamente alcuno scopo commerciale. Non c’è e non potrebbe esserci proprio per il ruolo alto e istituzionale che hanno questi chef, che a loro modo fanno parte del delicato ingranaggio della diplomazia. Non era una cosa nemmeno da pensare”, ci ha ribadito con decisione Ferrari.

Che però, con comprensibile orgoglio e con un sorriso, ci ha fatto notare che comunque “durante il pranzo di gala all’hotel Principe di Savoia, lo chef Boca ha preparato per i colleghi una ricetta usando il nostro GranMix Pecorino“.

Allargando lo sguardo oltre questa iniziativa, Ferrari ci ha fatto riflettere in modo interessante su quello che è il ruolo di chi in qualche modo sta dietro le quinte dei ristoranti: “Gli chef, in particolare quelli del Club des Chefs des Chefs ma in generale un po’ tutti, svolgono un ruolo fondamentale nella promozione della cultura gastronomica e nella diffusione dei prodotti di un Paese”, perché sono il mezzo principale attraverso cui “comunicare anche l’importanza che hanno le materie prime di qualità”.

Che è una cosa che Ferrari ha ricordato pure al presidente Mattarella, quando l’ha incontrato proprio in occasione della visita in Italia degli chef dei capi di Stato: “L’ho ringraziato perché nel suo discorso a loro ha sottolineato che la cucina fa parte della cultura e dell’identità di un Paese”.

E anche può trasformarsi in un ponte più che in un muro fra due Paesi diversi, tornando al discorso della diplomazia: “Tante crisi politiche si sono risolte proprio a tavola, davanti al cibo, che è in grado di creare legami anche forti, di avvicinare e di unire”. Un po’ come fa lo sport, però forse più buono.

L’importanza di aprirsi al mondo

La partnership con il Club des Chefs des Chefs è fra l’altro un ottimo esempio di dove Ferrari Formaggi sta andando e dove vuole andare: “Siamo un’azienda di medie dimensioni a livello nazionale, ma abbiamo una forte reputazione e un marchio riconosciuto a livello internazionale - ci ha detto la presidente - Siamo orgogliosi delle nostre radici e della nostra storia, che è anche il motivo per cui mi piace che il nome di mio padre faccia parte del marchio, perché rappresenta un legame indissolubile con il passato e un simbolo di continuità”.

E però, le dimensioni non grandi e il rispetto della tradizione non vogliono dire che l’azienda stia ferma sulle sue posizioni e non si evolva: “Continuiamo sempre a riflettere su come andare avanti, su come cambiare e stare al passo con i tempi - ci ha detto Ferrari - Il territorio da cui proveniamo definisce chi siamo e il nostro approccio al fare le cose, e cerchiamo di coniugare tutto questo con l’introduzione sul mercato di prodotti innovativi che rispondano alle richieste di una clientela sempre più esigente e attenta alla qualità, alla sostenibilità e al benessere animale”.

Questi concetti rappresentano fra l’altro bene anche la percezione che noi stessi abbiamo avuto della Ferrari Giovanni Industria Casearia chiacchierando con la sua presidente: è un'azienda familiare con una lunga storia alle spalle che sinora è stata capace di crescere e innovare pur senza perdere la sua identità e i suoi valori.

E questa è un’esperienza che potrebbe essere utile anche ad altre realtà italiane: l’importanza dell’internazionalizzazione, di aprirsi all’estero pur rimanendo ancorati all’Italia e la crescente attenzione dei consumatori verso la riduzione dell’impatto ambientale di quello che mangiano, sono allo stesso tempo una sfida e un'opportunità per i brand dell’agroalimentare. Che è una cosa che un po’ spaventa ma forse un po’ è anche stimolante.

La redazione

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