Attualità

Fiano, degustazione diagonale dentro il vulcano

pubblicata il 20.07.2011

Metti una sera nella Capitale morale: metti la sera più calda degli ultimi polentamila anni. C'è così caldo che sudano i pensieri: sudano le frasi che colano via saponose, lubrìche di un languore lanoso e sfatto. Fa caldo da Enocratia, orfana dell'impianto d'aria confezionata: che come ogni macchinario che si rispetti s'alletta nel momento meno opportuno. Fa così caldo che quella panciona - allora era ancora una panciona, non come adesso che è un guerriero urlante - sembra galleggiare nell'aria brodosa, appicicaticcia come un animaletto di panno lenci. Fa caldo, e le bottiglie di Fiano navigano nel ghiaccio: tutti le invidiano. Tra poco la temperatura salirà ancora, diventeremo molli e umidi. Alcuni - tra essi il sottoscritto - si liquefanno senza un gemito. Ma nel bicchiere: Fiano. Non fiano per signorine, cose da scaffale di un par d'anni, agevoli e passeggiabili. Anzi avremo tracce di verità fianesca, ma con una richiesta di attenzione di gran passo. Così come richiedo i Dioscuri della serata: Il Marra e il D'Alma, eroici nel caldo lavico del secondopiano. Ecco le note, per quel che restava nel torpore indotto dalla canicola.
1. Fiano di Avellino - Guido Marsella 2006. Oro freddo. Vecchio calzino in apertura - una specie di lana bagnata - e zola blù a seguire, per un naso atipico e arricciato. Tanto fumè, pietra focaia. Assaggio complicato, corrispondente: tanto di caseario, il formaggio, forse di nuovo lo zola. La bocca è larga e arricciata, con un finale fermo e finito. Inizialmente non convince, poi si esprime in potenza d'idrocarburo, di piglio alsaziano.
2. Fiano di Avellino - Vadiaperti 2003. Giallo intenso. Naso aromatizzante, con un chiaro ricordo di tè al gelsomino. Robe verdi, robe di fiori. Il sorso è scavato e liscio, secchissimo eppur non privo di brividi gentili. Eco finale amaro.
3. Fiano di Avellino Cuvèe Enrico. Villa Diamante 2000. Vine outstanding: il colore è aranciato, brillante. Il naso è fitto di frutta secca, con tracce di erbe aromatiche dell'orto, tra cui forse un inciampo di rosmarino. L'assaggio è virulento, con un passo secchissimo, quasi ematico, molto marsala vergine. Sterminato il finale, mai dolce, lungo.
4. Fiano di Avellino Vigna della Congregazione - Villa Diamante 2005. Il naso è bello, lineare, gonfio di presagi. La sensazione salmastra, il frutto - una pera - un brivido freddo, quasi glaciale. Di nuovo secco, piallato ma espressivo, con il finale ripieno e impegnativo. La cotogna, durabile.
5. Fiano di Avellino - Ciro Picariello 2008. Ripete il formaggio e il sasso. Il caramello e lo zucchero bruciato. L'assaggio è vagamente piallato: attacco a gradino, poi privo di progressioni. Il sale esce sul finale, regalando una tensione proiettata e fresca.
6. Cortese Costa Vescovado - Tirelli 2008. Hai una similitudine vera con il Bactrim, con tutto il limone e l'effervescenza carbonica. Ancora: il chiodo di garofano, e poi viaggio. La bocca è sdrucciolevole, chiusa e stretta, con un finale arrotolato. Non mi piace.
7. Fiano di Avellino Pietramara etichetta bianca 2007 - I Favati . Giallo. Naso molto complesso: un fiore potente, la magnolia, un gesto armonico, una nota curiosa di nebbia. L'assaggio è acchiappante, con i tannini esposti (forse bucce?) e una seconda parte liscia, appena scivolosa. Appena un poco fuori fuoco rispetto agli aromi, con quel tiro amaro.
8. Fiano di Avellino 2009 Pietracupa. Trasparente e chiaro, grigiazzurro. Un bel naso elegante, asciutto ma comunicativo. I segnali sono piccoli, delicati, ma irti di piccoli frammenti, come quel finale di te rosso puh er. Curioso il sorso che è assai ritroso, poco comunicativo. Ma lo bevi allegro e fruttifero, breve e acido, fresco.
9. Fiano di Avellino Particella 928 - Cantina del Barone 2009. Sulfureo: con accicchi panettoneschi, burro acido, subito evanescenti. Poi vien l'assaggio, un po' sospeso: con un attacco un po' birroso, per niente facile. Finale piatto, scivoloso, inameno,
10. Fiano di Avellino 2004 Colli di Lapìo. Ha il burro di cacao, lo zolfo giallo e il sole, con l'erba da taglio. Il salmastro è generoso, con tracce di formaggio. Il finale è zafferano. L'assaggio attraversa il sale, si inerpica sulla spalla e si libra su un finale etereo, ampio, estroverso.

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