Perle d'Uva
Buscemi persegue un modo italiano di spumantizzare, senza copiare lo Champagne. Riprendendo la tradizione di Valdobbiadene dei vini rifermentati in bottiglia "surlie" permette al territorio di esprimersi nella sua interezza, con gli zuccheri delle stesse uve.
Usa una cuvèe delle due annate precedenti; con un 8/10% del mosto dell'annata in corso: quindi sempre uve a perfetta maturazione, con un controllo ossessivo dei processi di vinificazione. Poi le scelte di conservazione: no ai tappi di "sughero tecnico", ma solo sughero intero tappo raso senza gabbietta, chiuso del tappo corona: la tappatura migliore immaginabile per questo prodotto.
2001. maturo il profumo, generoso e tondo; la bocca invece ha poderose acidità, amaro, stretto e lungo, cespuglioso. Rimane aggrappato, si tende e resiste.
1998: colore che non evolve, resta gialloverde. Perlaggio sparso. Naso arcigno, maturo e fresco nello stesso tempo. Qualche tratto aromatico, con lunghezze e profondità. Secchissimo, fine, elegante. Largo ai lati del palato, s'attacca adesivo, teso. Nervoso ed elettrico anche sul finale.
1990: finissimo, a tratti magro e sottile nel naso, con piccoli frammenti dispersi, quasi escavati. L'assaggio è formidabile: bidimensionale ma significativo, vivissimo non ostante l'età (pare fatto ieri), seppur asciugato di ogni fruttosità e aromaticità. Secchissimo, convincente, espressivo.
1987: profumi curiosissimi: erbacei ma anche caseari, ma anche agliacei. Sottile, quasi diafano, sembra impossibile che abbia oltre vent'anni. Privo di qualsiasi sensazione ossidata o consunta, o evoluta: resta freschissimo, floreale e verde. Se vuoi non interminabile, ma seducente.
Buscemi sostiene che il lavoro fatto sui tappi - la chiama "purificazione" - consente di avere bottiglie perfette. Non c'è grande vino senza sughero.
Alture
Una base di Pinot Bianco con saldi variabili secondo il millesimo, alla ricerca della costruzione di un valore nel tempo. Nell'obiettivo la longevità, l'integrità, la pulizia.
2009: sembra sottile, al primo contatto: le sensazioni delicate, floreali e vegetali si palesano generosamente. Il sorso ha amarezze e certezze di freschezza. Non lunghissimo, ma proiettato. Ha anche una piccolissima nota aromatica.
2006: delicato. comincia a prendere forma una stupefazione per l'incredibile invecchiamento. Il profumo è ancora vegetale, mentre il sorso - vellutato - procede molto levigato, scorrevole, nitido.
2002: nessuna traccia di evoluzione. Vivo vivido e ribollente. Emergono i fruttati, prima assenti, e diventa più tondo, più comunicativo, più caldo. Poi l'assaggio resta elegante, quasi introverso, con brividi freddi verso la fine del sorso.
1987: micidiale il colore: olio liquido, non privo di riflessi (ancora!) verdi. Naso tondo, polputo, fruttati di frutta matura, grossa. Maturo. L'evoluzione è incredibile: ha il passo di un grandissimo bianco che ha conosciuto il legno, mentre questo di legno non ha nemmeno l'ombra. Sorso non esente da una vena di pastosità, pur senza incontrare il calore. Resta freddo il finale, largo e compiuto, completamente spiazzante: incredibile.
L'incontro con Gaspare Buscemi è un'epifania che sposta altrove l'asticella dei bianchi da lungo invecchiamento: si assaggia stupefatti, e alla fine: si crede.