Attualità

Gaspare Buscemi | Apologia dell'attesa

pubblicata il 22.06.2011

Accanto al filone principale di TerroirVino, una delle più interessanti manifestazioni enologiche del Belpaese, si svolgono degli incontri di approfondimento. Ho avuto la fortuna - grazie Filippo - di partecipare a quello dedicato a Gaspare Buscemi, un siciliano cresciuto in Veneto e trasferito in Friuli a fare vino. Non ne conoscevo le gesta, e trovarmi di fronte ai sui bianchi straordinariamente vivi e longevi è stato un bel salto di paradigma. Bere Pinot Bianco di oltre vent'anni e trovarlo completamente privo di segno di evoluzione, ecco, questo è indubbiamente spiazzante. Gaspare Buscemi parla con forza sciamanica. Non affabula, ma tira diritto, schietto e tagliente, non senza concedersi qualche momento di ironia ed autoironia: "io quello che dovevo fare l'ho fatto, adesso vediamo cosa succede". Eccolo parlare delle potenzialità del vino italiano: della differenza tra il vino da essere bevuto domani, e ciò che serve per essere un valore. Sottilinea una verità: i vini più interessanti sono più curiosità che altro, riservata ad una ristretta platea di appassionati. Prosegue nel suo excursus: la nostra enologia è partita negli anni 60, per il consumo di necessità: l'obiettivo era la quantità per per scopi alimentari, ad uso delle grandi cantine cooperative ed industriali. L'opposto della Francia, dove il vigneron fa sì uva molto buona ma poi si esprime in cantina. Allora ecco il concetto di "vino d'artigianato", legato all'Uomo che lo produce. Assaggeremo due batterie di bianchi: quattro spumanti e quattro fermi.
Perle d'UvaBuscemi persegue un modo italiano di spumantizzare, senza copiare lo Champagne. Riprendendo la tradizione di Valdobbiadene dei vini rifermentati in bottiglia "surlie" permette al territorio di esprimersi nella sua interezza, con gli zuccheri delle stesse uve.Usa una cuvèe delle due annate precedenti; con un 8/10% del mosto dell'annata in corso: quindi sempre uve a perfetta maturazione, con un controllo ossessivo dei processi di vinificazione. Poi le scelte di conservazione: no ai tappi di "sughero tecnico", ma solo sughero intero tappo raso senza gabbietta, chiuso del tappo corona: la tappatura migliore immaginabile per questo prodotto.2001. maturo il profumo, generoso e tondo; la bocca invece ha poderose acidità, amaro, stretto e lungo, cespuglioso. Rimane aggrappato, si tende e resiste.1998: colore che non evolve, resta gialloverde. Perlaggio sparso. Naso arcigno, maturo e fresco nello stesso tempo. Qualche tratto aromatico, con lunghezze e profondità. Secchissimo, fine, elegante. Largo ai lati del palato, s'attacca adesivo, teso. Nervoso ed elettrico anche sul finale.1990: finissimo, a tratti magro e sottile nel naso, con piccoli frammenti dispersi, quasi escavati. L'assaggio è formidabile: bidimensionale ma significativo, vivissimo non ostante l'età (pare fatto ieri), seppur asciugato di ogni fruttosità e aromaticità. Secchissimo, convincente, espressivo.1987: profumi curiosissimi: erbacei ma anche caseari, ma anche agliacei. Sottile, quasi diafano, sembra impossibile che abbia oltre vent'anni. Privo di qualsiasi sensazione ossidata o consunta, o evoluta: resta freschissimo, floreale e verde. Se vuoi non interminabile, ma seducente.Buscemi sostiene che il lavoro fatto sui tappi - la chiama "purificazione" - consente di avere bottiglie perfette. Non c'è grande vino senza sughero.AltureUna base di Pinot Bianco con saldi variabili secondo il millesimo, alla ricerca della costruzione di un valore nel tempo. Nell'obiettivo la longevità, l'integrità, la pulizia.2009: sembra sottile, al primo contatto: le sensazioni delicate, floreali e vegetali si palesano generosamente. Il sorso ha amarezze e certezze di freschezza. Non lunghissimo, ma proiettato. Ha anche una piccolissima nota aromatica.2006: delicato. comincia a prendere forma una stupefazione per l'incredibile invecchiamento. Il profumo è ancora vegetale, mentre il sorso - vellutato - procede molto levigato, scorrevole, nitido.2002: nessuna traccia di evoluzione. Vivo vivido e ribollente. Emergono i fruttati, prima assenti, e diventa più tondo, più comunicativo, più caldo. Poi l'assaggio resta elegante, quasi introverso, con brividi freddi verso la fine del sorso.1987: micidiale il colore: olio liquido, non privo di riflessi (ancora!) verdi. Naso tondo, polputo, fruttati di frutta matura, grossa. Maturo. L'evoluzione è incredibile: ha il passo di un grandissimo bianco che ha conosciuto il legno, mentre questo di legno non ha nemmeno l'ombra. Sorso non esente da una vena di pastosità, pur senza incontrare il calore. Resta freddo il finale, largo e compiuto, completamente spiazzante: incredibile.L'incontro con Gaspare Buscemi è un'epifania che sposta altrove l'asticella dei bianchi da lungo invecchiamento: si assaggia stupefatti, e alla fine: si crede.

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