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Itinerari | Genova, la Superba

pubblicata il 20.02.2013

Genova si assomiglia. Torni, e la trovi un po' cambiata e un po' uguale: soprattutto se nella tua mappa ci sono altre strade altri mondi altri luoghi. Altre notti, altri tramonti, altri risvegli. Genova è fedele: il primo respiro a Genova sa sempre di ferro e idrocarburi. Lo respiri e ti inchiodi a guardare il porto vecchio-nuovo. Pietre offese dal tempo, ferramenta in disuso, arnesi calpestati dagli anni ed ancora orgogliosamente conficcati nei muri. E un metro più in là le dejezioni architenttoniche di altre generazioni: quel ragno epilettico conficcato a testa in giù in mezzo al porto, quella scatola di metallo appesa a sbalzo nell'acquario, quella scimitarra unta e annerita che sgozza la città proprio dove si fa bella, nascondendola ai popoli. I mercati colorati, i muri scrostati, i sassi bagnati. Gli occhi spalancati, i fiori anneriti. Lenzuola di bucato, il fumo fumato. Ecco: se vuoi vedere Genova non puoi limitarti a guardarla. Devi annegarci. Salire i crocicchi e arrotare le suole negli slarghi. Genova non è prolissa: è sintetica. Usa le parole con parsimonia, anzi: con micragna, e se vuoi saperne qualcosa devi ispezionarla a centimetri. Leggere le scritte sui muri, capire gli occhi a mandorla, indovinare le botteghe dei sottoportici. Respirare i Macelli, impaurirti alla Maddalena, girare attorno al sestriere, contare le porte i chiodi le finestre le facce le facce. Le facce genovesi che a volte sono scolpite nella giada a volte nel palissandro, ed hanno un odore inconfondibile. Dolceamaro, inconfondibile. Cos'è, il dolceamaro, dice lo sciocco forestiero che vuole fare le foto, mangiare la focaccia e andare a casa dove non ci sono questi muri così alti che chiudono via il cielo. Questi cieli così stretti che sembrano Risiko maltrattati. Scatole di Lego dimenticate. Scenografie di film di cappa e spada, quando di notte i malandrini ti aprono occhielli nel petto per quattro Luigi d'oro. Prendi una tazzina di panera allora, fredda di gelato, dolce di panna, amara di caffè. Una nuvola di caffelatte sottozero, morbida, vellutata, saziante. Un piccolo dolce, una fotografia in quattro dimensioni di Genova: la quarta, il gusto. Che come Genova, ti sazia senza chiederti il permesso.

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