Attualità

Il bastone e la carota

pubblicata il 03.04.2013

Nei banchi dell'ortofrutta la macchia arancione preannuncia la sua presenza, talvolta accompagnato da un bel ciuffo verde brillante. Ma la carota non è sempre stata arancione. Un tempo se ne trovavano di bianche, viola, rosse, gialle o perfino nere. Fu per omaggiare la casa regnante degli Orange che gli olandesi, partendo da un seme africano, con un lento e certosino lavoro selezionarono le carote di quel bel colore arancione che tutti ammiriamo. Le sue origini però vanno cercate in estremo oriente, secondo alcuni autori, o nell'area del Mediterraneo, secondo altri. Deriva come sempre da una specie spontanea, che venne addomesticata per la prima volta in Afghanistan circa 5000 anni fa. Conosciuta dai greci e dai romani, fu a lungo messa in ombra dal successo delle rape e della pastinaca, con cui spesso veniva confusa, tanto da rendere difficile la lettura dei testi storici: difficile capire di quale specie stiano parlando. La sua diffusione fu lenta, ma nel periodo rinascimentale iniziò a essere ampiamente apprezzata, fino alla comparsa della dolce e croccante carota arancione nel XVII secolo a opera degli olandesi. Da quel punto in poi la strada del successo fu spianata. La carota è un ortaggio a ciclo biennale, ovvero che vive due anni, ma è nel primo anno che produce la parte che normalmente si mangia: il fittone. Nel corso del secondo produce una bella infiorescenza di colore bianco e in seguito i semi, che vengono utilizzati per perpetuare la specie. Non è comunque solo il fittone ad essere utilizzato: dai semi, che hanno proprietà aperitive e digestive, si estrae un olio utilizzato nella produzione di liquori e di profumi. La famiglia di appartenenza della Daucus carota, questo il suo nome scientifico, è quella delle Apiaceae, note anche come Umbrelliferae a causa dell'infiorescenza a forma di ombrella che sviluppano. In Italia viene coltivata su circa 11mila ettari, che producono poco più di 500mila tonnellate di carote. Fra le regioni più importanti per questo ortaggio ci sono la Sicilia, l'Emilia Romagna, il Lazio e l'Abruzzo. Ci sono anche due IGP sul territorio nazionale: la carota novella di Ispica e la carota dell'Altopiano del Fucino. Un tempo la carota era utilizzata solo per l'alimentazione del bestiame. Furono gli arabi a farla diventare il simbolo della bontà, perché le riconoscevano diverse proprietà salutari, fra cui mantenere fresco l'alito e sana la bocca di chi le mangiava. Da noi invece è legata alla menzogna, per motivi non ancora ben chiariti. Ne è un esempio il modo di dire "piantar carote", quando si dà ad intendere qualcosa di falso, oppure "non essere terreno per carote", quando si vuole far capire di non essere creduloni. Molto note e diffuse le proprietà della carota: poche calorie (45 kcal per 100 gr di prodotto) e tante virtù. La più famosa è la presenza di beta-carotene, che ne fa la fonte di vitamina A per eccellenza nel mondo vegetale. Ben noti anche i suoi effetti sulla pelle, che contribuisce a mantenere morbida e pura, oltre che sulla vista. Meno nota invece la funzione protettiva delle mucose della bocca, del naso, della gola e dei polmoni: un consumo regolare di carote aiuta infatti a combattere gli agenti inquinanti e proteggerci dalle infezioni. La carota è anche ricca di vitamine e sali minerali, oltre che di fibre, ed è un ottimo gastro-protettore. Immagine: Flickr 

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