“Non chiamateli muffin se hanno le verdure!”, “Non chiamatele lasagne se sono dolci!”, “Non chiamatelo tiramisù se non è tradizionale e ha la frutta”, “Non...
Il Km Zero: prima erano le melanzane, ora sono turisti, intrattenimenti alberghi. Contro l’abuso dell’espressione ci hanno pensato tre cuochi sui palchi di Identità Golose a ridefinire il concetto del Km Zero: quello che ci sta dietro, e, in alcuni casi, ciò che segue.
Sì, perché il Km Zero non sta fermo e non è un oggetto: spesso pensato come qualcosa di cui fruire, in realtà è un sistema di azioni virtuose che non parte da vicino, e nemmeno ci rimane. Ecco tre esempi per tre persone che la cucina la frequentano ogni giorno: Roberto Petza, Franco Pepe, Gian Pietro Damini.1. Il Km Zero è assimilabile alla cucina di territorio: lo chef, però, cucina per il territorio. A dirlo è Roberto Petza, parlando orgogliosamente del sistema Siddi: quella che prima era una località sconosciuta in Marmilla, ora è un caso esemplare che molti osservano con ammirazione e finalmente poco sospetto. Petza ha creduto che questo luogo potesse diventare il fulcro di studi, prodotti, professioni intorno al cibo della Sardegna, proprio quello dei pochi Km intorno a Siddi, nonostante prima non ci fosse nulla. E lo ha fatto creando una nuova economia: non cercando i prodotti a Km Zero, ma contribuendo a un loro nuovo innesto geografico-economico nel cuore della Sardegna. Prodotti da ricoltivare, da usare, da far studiare ai giovani cuochi, da esportare, da tramutare in cibo da commercializzare, da mettere al centro di manifestazioni gastronomiche. Il cuoco non si limita a far rivivere i prodotti a Km Zero nel suo menu, ma li porta anche fuori dal suo ristorante.
2. Il Km Zero lo crea lo chef, anzi il pizzaiolo. Sull’onda del Km Zero, tutto e niente è diventato Km Zero: occorre saperlo riconoscere, dargli un nuovo valore e una spettabile credibilità. Franco Pepe voleva fare una pizza esclusivamente con i prodotti dell’Alto Casertano, e ha deciso di farlo creando un sistema intelligente con Vincenzo Coppola, agronomo: Vincenzo porta avanti con ricercatori e agricoltori un progetto sul recupero di ingredienti a rischio di estinzione. Dove la biodiversità è a rischio, e il Km Zero rischia di scomparire, interviene il pizzaiolo.
3. Il Km Zero è l’Italia. Dal palco del suo intervento, Gian Pietro Damini sostiene che “Il km zero è zero”: se i produttori vicini non fanno prodotti di qualità, non ha senso costringersi a collaborare con loro per rispettare un principio. Il discorso è ovviamente complesso, e parte da un rapporto economico tra il cliente, inteso come commerciante / cuoco, e il produttore: non si può strozzare con prezzo e quantità chi produce, e occorre individuare le condizioni migliori per lavorare bene entrambi in nome della qualità. Ci si può spostare quindi dal territorio intorno al ristorante per collaborare con il territorio di eccellenze che è questo Paese: l’Italia, che è il vero Km Zero.
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