Ieri sera in una della rare cene in cui al mio fianco siede la mia principessa piccola ho avuto una delle soddisfazioni della vita, uno di quei momenti per cui vale la pena di vivere.
Le stavo facendo ascoltare la bislacca costruzione ritmica di
"The Bad in Each Other" di Feist, spiegandole il disagio che mi conficca nel petto quel curioso
strumming di chitarra che pare suonato in quattro quarti sull'andare in 3/4, tanto che il mio audiometabolismo rock riesce a decodificarlo solo quando arriva l'accentazione in battere alla fine del
loop.
Dopo aver ascoltato un po' il pezzo, bellissimo, mi ha detto
"Approvo e promuovo questa canzone". Sono svenuto: e quindi questo articoletto è dedicato a lei. Ricordando che i PEU [Piccoli Esseri Umani] sono anch'essi persone, e non piccoli cloni di quello che noi avremmo voluto essere e non siamo mai stati, essere citati da vivi è una specie di santificazione filiale.
Approvo e promuovo le belle immagini di cibo, con cui i bravi fotografi con un clic riescono a catturare l'essenza di un piatto, oltrepassando la didascalia e raccontandolo al guardante; stigmatizzo e biasimo le fotografie di cibo con il fuoco a dettaglio tagliente, contrasto affilato e colori fulminanti e tutto il resto ammantato da uno stucchevole
flou, come nemmeno un novello Hamilton a cui fosse caduto l'obiettivo nell'olio di vaselina.
Approvo e promuovo la ricerca dell'eccellenza degli ingredienti, e la capacità di chi serve il piatto di spiegarli. Stigmatizzo e biasimo l'ossessione localistica, la pleonastica aggettivazione che ammanta l'intero menù in cui una pasta e fagiuoli diventa Antichi Maltagliati della Nonna Artura con farina macinata a pietra al Molino di Dorando il Farinaio con grano di San Bonifacio, fagiuoli imperiali di Fratta Superiore e piccolo soffritto di verdurine del Lago Misterioso. Normale e buono va bene uguale.
Approvo e promuovo la ricerca di una via personale nella vinificazione, per la realizzazione di bottiglie che siano espressione dell'uomo e del territorio, che scrivano storie e raccontino vite e viti. Stigmatizzo e biasimo la retorica contadinistica in cui i calli del nonno vengono esibiti come stimmate e il vestito del contadino diventa un'altra divisa da ostentare come la
mise en griffe, quando sotto magari c'è il sangue di un agente di cambio, o un direttore di banca.
Approvo e promuovo lo studio e l'applicazione dei vitigni autoctoni, quando c'è un motivo di studiarli e produrli, fosse solo per comprendere perché sono scomparsi che a volte non è per caso o per cattiveria o per colpa delle multinazionali. Stigmatizzo e biasimo l'incaponimento ampelografico che infligge all'assaggiatore esperimenti balenghi dal puro valore collezionistico.
Approvo e promuovo la pubblica denuncia delle situazioni che contrastano con le nostre opinioni, con il nostro sistema di riferimento etico e morale, allo scopo di suscitare discussioni e confronti; stigmatizzo e biasimo le verbose concioni in cui si afferma con i colori della verità che qualcuno (ma non si sa chi) ha fatto qualcosa (ma non si sa cosa) ha causato certe conseguenze (ma non si sa quali), lasciando intendere che la si sa lunga ma che per chissà quale motivo non di possono fare i nomi, i fatti e le cose.
Approvo e promuovo il libero racconto delle esperienze enogastronomiche, approvo e promuovo la ricerca di un linguaggio non banale, approvo e promuovo lo sforzo di chi prova ad ampliare il nostro povero vocabolario da 200 parole, approvo e promuovo chi si spreme i polpastrelli per farci leggere qualcosa che oltre ad essere
interessante e
contemporaneo e
divertente sia anche
bello, che diamine.
Stigmatizzo e biasimo chi s'affretta a pubblicare ogni e qualsiasi propria deiezione letteraria, stigmatizzo e biasimo la mancanza di autocritica, stigmatizzo e biasimo l'esposizione di atti di autoerotismo intellettuale travestiti da opere d'arte.
Immagine: la spettacolare fotografia di ricette di Carl Kleiner per IKEA.