Attualità

Il Sabato del Villaggio | Bicchieri lo-fi e Tavole hi-end

pubblicata il 05.03.2011

Una settimana: sette giorni esatti, e l'imperfetta cinquantaduesima parte di un anno. Nel venti-undici ci aspettiamo di vivere più di quattromila settimane: quattromila lunedì, quattromila week-end, quattromila venerdì sera. Quattromila giovedì gnocchi. La settimana è una unità di tempo con la quale è facile trovarsi a proprio agio: un orizzonte abbastanza prossimo da non atterrire, ma sufficientemente ampio per contenere qualche prospettiva articolata. In una settimana, grazie ai moderni prodigi della scienza e della tecnica, si può bere un bicchiere di Colfòndo a bassa fedeltà a Novellara di Reggio Emilia, e mangiare due giorni dopo il caviale Oscetra su una emulsione di brodo di pesce in un ristorante di vertice ad Annecy; assaggiare un nebbiolo d'altura a Carema e un diafano pinot savoiardo a Geneve. Considerando le condizioni d'estasi sensoriale, è più facile riepilogarle in un lunario settimanale, ed alla fine tirare una riga: qui ed ora, che non so come sarà domani. Mi lascio trasportare facilmente dei vini lo-fi: quei bicchieri che ogni volta puoi trovare diversi, anche nella stessa bottiglia: il Prosecco di Carolina Gatti, che apre la sua storia sferzando di sensazioni bislacche poi si raddrizza, si ripiega, si compone: che va atteso, blandito, amato. O un lambrusco rifermentato in bottiglia: quello di Fantesini a Montecchio, secco come una porta che si chiude, spesso come la torba in Iscozia. Mi lascio soggiogare dalla professionalità incontornabile degli Stabilimenti del gusto d'Oltralpe, dove cucinare non è considerato un'esplosione di un genio farfallone e sregolato ma è una professione: come il Maitre, come il cameriere: professioni degne, desiderabili, anche ambite. Il Clos de Sens è un'intrapresa,  è una macchina perfettamemte oliata con ruoli definiti e funzioni precise: certo, resta lo spazio all'improvvisazione ma intesa come capacità di adeguarsi alle situazioni. Del resto non a caso anche in musica l'improvvisazione è una tecnica da professionisti. Allora possiamo serenamente goderci gli estremi del gusto: da una parte gli esperimenti, la ricerca, l'azzardo: l'invenzione, che è assai più preziosa ed immortale della scoperta. E ci lasciamo affascinare dai bicchieri a bassa fedeltà, inaffidabili e romantici. Dall'altra pretendiamo l'estremo vertice di professionalità, che significa anche poter contare su quel tanto di mestiere e quel tanto di genio. Approviamo e promuoviamo chi sa improvvisare, inventando: ma perdiamoci di vista con gli inventori improvvisati. Immagine: Veuve Cliquot Ponsardin Vintage Rosè

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