Attualità

Il Sabato del Villaggio | I buoni e i cattivi, ovvero blogger contro.

pubblicata il 28.05.2011

Trovo ludico il gran squittire degli "spirti libri" addosso all'attuale classe dirigente. E' pessima, ma non è colpa sua: l'hanno disegnata così. La generale sensazione di torbidità malmostosa che avvertiamo quando ci rapportiamo con le entità più grandi di noi non è nata per generazione spontanea: è semplicemente figlia dei tempi e delle genti. Non credo che l'attuale mortificante condizione del nostro paese sia il portato della genìa di guitti che la governa: credo anzi che essi siano la diretta conseguenza di come siamo noi. Credo che la prima consapevolezza che dovremmo maturare è che per avere un Belpaese, dovremmo prima di tutto meritarcelo. Questa considerazione s'attaglia perfettamente al dibattito che si sta sviluppando attorno al tema blogger-nonblogger: documentarsi con l'esiziale scritto di Pamela Guerra e con la trasparente amarezza di Fabrizio Gallino. Non sono un panel esaustivo; non sono i primi scritti sull'argomento, nè quelli definitivi: ma sono un esempio di riflessione prima privata poi condivisa, e contengono parecchi spunti. Alla fine però resto fermo nella mia convinzione: la Rete non è altro che lo specchio del mondo. Con tre fattori di accelerazione, che ne rendono esplosivi i contrasti. 1. La Rete è veloce. Se io dico al bar che il centravanti della Borzanese Willian Badodi è un brocco i suoi amichetti correranno a dirglielo. Ma devono prendere la Vespa, andare a casa sua, spifferargli il malfatto eccetera. O almeno pigiare i tasti sul telefono cellulare e raccontarglielo: la reazione sarà comunque ritardata. In Rete non è così. Ora pubblico questo testo, ora Fratello Gugol lo sparge urbi et orbi, ora tutti sapranno. Qui e ora. 2. Il Monitor è lo scudo. Esprimere una opinione a voce altra alta è difficile: organizzare il pensiero e formalizzarlo non è cosa per tutti. Dietro al monitor c'è più tempo per pensare, ma anche più facilità a lasciar passare di tutto. In parte aiutato dal generale deprivarsi dell'etica della parola, l'homo internettensis si sente in diritto di dire qualsiasi cosa, immediatamente e senza curare il modo, il tono, il tempo. La sanzione è remota, tanto da perdere qualsiasi potere deterrente. 3. Le tracce restano. Le parole lanciate nella Rete premendo il tasto "invio" sono pietre, ma pietre collose: si appiccicano da per  tutto, lasciando tracce pressochè indelebili. La Rete Globale Interconnessa è una specie di geoide ricoperdo di carta termica, su cui si proiettano le parole, lasciando segni impossibili da cancellare completamente, come cicatrici infette. Non sai su quale tavolo finirà la tua prossima email, quale sia il destino del tuo prossimo commento. Il contagio è logaritmico, l'accelerazioni fattoriale. Dunque non c'è una categoria predefinita contro cui scagliarsi: noi, voi, i blogger, i magri, i grassi. Attività peraltro densa di significati reconditi ed assai poco commendevoli. Semplicemente ci sono quelli che valgono il tempo che serve per leggerli, e quelli che no, come nel mondo analogico ci sono persone con cui vale la pena di consumare ossigeno per confrontarsi, e altre che no. Ma non perchè sono meglio o peggio, il giudizio di valore è una presunzione non ammessa: semplicemente perché non c'è incastro, i pezzi del puzzle non vanno a posto. Le categorie sono dinamiche, e variano per ognuno di noi. Una bella fortuna: ci resta sempre la crocetta bianca in alto a destra, con un clic possiamo votare il nostro minimo referendum.

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