Ieri sera ho finito di lavorare tardi, molto tardi. Oppure dovrei dire, stamattina ho iniziato presto, molto presto. Stavo cercando di trovare il corretto equilibrio tra tre o quattro locali che ho visitato negli ultimi giorni. "Antica Osteria Meraviglia", cucina di tradizione con inserti creativi, corretta, gran cantina e servizio attento: 7.1. "Hostaria dell'Antico Castello" con cucina creativa e inserti tradizionali, cantina commerciale a prezzi buoni e servizio simpatico: 7.2. Infine la "Vecchia Trattoria dell'Osteria Antica" in cui la tradizione si sposa con l'innovazione: scorzonera, topinambour e rape rosse nei piatti, cantina piccola ma intelligente (significa che ci sono piccoli produttori sconosciuti di vini "naturali") servizio incespicante ma compensato da grande disponibilità, ambiente mirabile, e sorrisi a profusione. 7.0.
Tre proposte dalle differenze molto sottili, ma percepibili, ma un tratto comune immediatamente identificabile: in entrambe e tre ero sconsolatamente, disperatamente, vigliacchescamente seduto da solo nelle sale ubique. Il ristorante tuttopertè è il sogno di ogni gurmè, ma con il limite della sovresposizione e dell'ubriacatura di "tuttobène" che ne può derivare.
Con gli occhi pieni di segatura di abete sonoro della Val di Fiemme aromatizzato al tè nero affumicato Lapsang Souchong e sale rosso della Hawaii, mi resta abbastanza lucidità per chiedermi a chi diavolo potrebbe mai interessare quel decimale di differenza: ai ristoratori, forse. Ai colleghi, forse. Ai "giudici", forse. A quei quattro impallinati che si divertono così, una percentuale della popolazione manducante rilevabile ormai solo con mezzi strumentali.
Di colpo mi rendo conto che questo dubbio mi è stato insufflato tra un polmone e l'altro da un patròn, mentre ci trovavamo in vettura assieme, per tutt'altri motivi. Mentre schiacciava l'acceleratore come un indemoniato, mi gridava La stella, la stella ce l'avevo. Poi a un certo punto mi sono accorto che non c'erano più i clienti: venivano i critici per criticare, i colleghi per vedere quello che facevo, ma clienti, nemmeno l'ombra. Allora mi sono stufato, sono uscito dalle guide [che poi mi piacerebbe sapere come si fa ad "uscire dalle guide" N.d.A.] ed ora sono felice. Nessuna recensione e tanti clienti.
In sintonia un altro cuoco di sana e robusta costituzione fisica, che alla fine del pranzo mi si erge di fronte con le mani sui fianchi e mi dice, con slancio belluino: è lei che ha detto che quel piatto non andava bene? io dico sì, e spiego con serena pacatezza che quell'ingrediente lo conosco perché ci sono nato in mezzo, che l'ho cucinato un milione di volte, che ne conosco via verità e vita e che nemmeno con la fiamma ossidrica lo si può maltrattare così e che quindi no, quel piatto non andava bene. Lui si sporge un po' in avanti e mi sibila Noi le guide non ce le filiamo. Poi gira sui tacchi e se ne va a passo di carica.
Nessuno mi ama. Tutti mi odiano.