Attualità

Il Sabato del Villaggio | Paolo Parisi, nonsolouova e l'allegro simposio.

pubblicata il 03.03.2012

Quando squilla trema il telefono rispondo, e dall'altra parte c'è la voce burbera di Giulio Bagnale. Dice che si sta facendo questo esperimento, di mettere un po' di gente attorno ad un tavolo a casa di Paolo Parisi. Qualcuno cucinerà, qualcuno parlerà, il padrone di casa aprirà le porte della sua magione dispersa ai confini del nulla e vediamo cosa succede. Dietro la mdp* c'è Elvio Gorelli, che regalerà una delle scoperte più emozionanti della giornata: credo che sia l'unico operatore al mondo in grado di manovrare due mdp, una camera a mano, muovere l'illuminatore e sbafare quattro spicchi di cecina al tartufo contemporaneamente. Già arrivare a Le Macchie - questo è il nome dell'agriturismo di Paolo Parisi - è un'impresina. Basti dire che il punto di riferimento della ragazza navigatrice è Tripalle, nome antinomico per eccellenza. Lui, Parisi, è in mimetica e berretto castrista, sulla porta di casa. Aperta. La prima cosa che sorprende è che a casa sua non ci sono le porte. Cioè, le porte esistono, ma non sono un ostacolo alla relazione: anzi esplicano la loro funzione primaria: di facilitarla. Nella cucina attrezzatissima e griffatissima accadono le cose che preparano al Convivio Filmato: giungono gli ospiti, i cuochi cucinano, i cronisti guardano, gli operatori operano in una fumigante attività. L'idea della giornata è lasciar scorrere le parole all'impronta, con le telecamere accese, per poi ricavarne qualche minuto di materiale edibile per le Web TV, per i Social, per il mondo. Quando alla sera estraggo la fidata G11 la conversazione si incanala subito attorno al food-porn, la linea di ripresa fotografica ormai diffusa del cibo senza scenografia. Nicola Fossaceca - probo chef del Metro di San Salvo - si chiede e chiede cosa significa raccontare il cibo, se a noi scribacchini piace di più mangiarlo o filmarlo. Andrea Berti, che produce coltelli di pregio, ha un approccio romantico-funzionalista al cibo che non cela un'affezione sincera. Dan Lerner non esita ad alzare il tiro sulle conseguenze di una visione totalizzante dell'utente della Tavola. Giulio, che disdegna le foto astratte di piatti senza contesto, cerca il busillis nel rapporto tra immagine e parola. Emmanuele, che viene dalla comunicazione e dall'azienda, ha occhi entusiastico-stralunati di fronte alle elucubrazioni condivise.
Le ore scorrono veloci, le telecamere sono dimenticate. In tavola arrivano i piatti di Marianna Vitale, tema del giorno "Quel che resta di". Una bella occasione per affilare le papille su una sensazionale versione di soffritto: una pietanza che è storia, via verità e vita della Campania minore, quella che si nutriva degli scarti di macellazione e faceva di cuore, reni, polmoni un cibo appetitoso e saziante. Qui la vediamo impreziosita da una cucchiaiata di soup d'oignon filologica inoculata di yoghurt, cous a impalcare le piccanze regalate a piene mani dalla paprika in fili.Due considerazioni, sopra tutto. Il convivio, che attorno al cibo si rinsalda in via automatica. Il cibo quale facilitatore, cesura tra sconosciuti, tesi e ipotesi, argomento e canovaccio attorno cui costruire tutt'altro. La seconda, che cibo e parola sono legati da un amore indissolubile, eterno e immediato allo stesso tempo.Se da un lato esiste il timore di produrre l'ennesimo frammento di realtà legato al cibo, di cui tutti abbiamo piene le tasche, dall'altro la ricerca di una sceneggiatura che coinvolga entrambi i lati del fornello può essere stimolo e fuga.Siam qui per questo, anche.NdA.: Mdp = Macchina da Presa  

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