Attualità

Il Sabato del Villaggio | Teatro della cucina o Cucina di Teatro?

pubblicata il 02.10.2010

Probabilmente per sei dei sette miliardidi abitanti del nostro pianeta non sarà la prima domanda da chiedersi la mattina appena svegli, mentre si sfregano gli occhi cisposi pieni di cambiali, smog, barrette al cioccolato, fiammiferi, pannolini, catene da bicicletta, bollette, esami del sangue, figli con la puzza di piedi. Probabilmente non è nemmeno la domanda definitiva sulla Vita, l'Universo e Tutto Quanto [cit.] per l'altro miliardo: ma almeno è un argomento di conversazione brillante, arguto, e sufficientemente poco di moda perchè uomini con nodi della cravatta troppo grossi e ragazze con la vita dei ginx troppo bassa si astengano dall'intervenire. Ecco: la cucina, la cucina contemporanea di ricerca è Arte o Artigianato? In sintesi i due partiti hanno le idee molto chiare. I sostenitori dell'Arte vedono nel processo creativo, nella progettazione estetica, nello studio e nell'indagine anche intellettuale qualcosa che all'arte può essere assimilato. Bellezza, prima di tutto, e poi comunicazione attraverso i sensi di una lettura della realtà interpretata dall'Artista, secondo il suo punto di vista. Dunque la tecnica al servizio dell'espressività, con un proprio vocabolario e una propria tracciabilità. I sostenitori dell'Artigianato, invece, pur accogliendo la nobiltà della creatività culinaria vedono nella ripetitività del gesto, nella sua serialità proprio il limite ultimo dell'attività artistica. Dunque l'intelletto al servizio della tecnica, quando l'abilità manuale e la commerciabilità del prodotto diventa mestiere, appunto. Eppure esiste un confine, una terra di nessuno in cui  le due opinioni hanno una sorta di sovrapposizione. Penso all'attività teatrale, nella quale il registra orchestra una rappresentazione che poi sfugge dalle sue mani: quando la creatività si è compiuta l'esecuzione avviene al di fuori di sè ed altro da sè, serialmente, con qualcun altro - gli attori - che diventano gli strumenti per la realizzazione de suo pensiero. E pure lo spettacolo teatrale deve essere ripetuto, con minime variazioni, e venduto ad un pubblico pagante, grande o piccolo che sia. La massima espressione di questo teatro della cucina (perchè l'espressione Cucina Teatrale ha connotazioni esibizionistiche che non mi garbano) sta oggi dalle parti di via della Stella, a Modena. Vedere Massimo Bottura recitare la storia di quel piatto, la sua genesi, la sua vita e il suo obiettivo mi ha ricordato il gesto di un teatrante, quando manda in scena i suoi attori, i suoi musici per la millesima volta, trovando ogni volta una nuova ragione per ripetere l'ennesimo Amleto. I suoi piatti sono una vera piena espressione della sua cultura e della sua creatività, del suo percorso - squisitamente intellettuale, ma non necessariamente cerebrale - comunicativo. Il copione è scritto, e viene ripetuto: ma il copione è la sintesi di una chiara volontà espressiva, il progetto è compiuto in sè e per sè. L'intero dialogo estetico con il gurmè seduto al tavolo occupa tutti i sensi, generando emozioni. In fondo, anche la cucina è metafora.

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