Attualità

Il Sabato del Villaggio | Vino e montagne russe, per un consumo [ir] responsabile

pubblicata il 04.09.2010

Non sono vacanze se non c’è spazio per qualche esplorazione: in bici, per goderti quelle pieghe del territorio che in auto non puoi annusare; nelle tavole di ristoro, per capire l’altracultùra; a casa dei vignaiuoli, perché è gente vera; nei supermercati perché i PEU mangiano tutti i giorni… E se la terra che ti ospita è nuova l’indagine risulta ancor più curiosa, oltre che emozionante, per l’immensa quantità di sfumature con cui dipingi le tue giornate, anche quando fa nuvolo brutto e soffia il Maestrale. Dunque quest’anno tocca alla Romangia, un aspro territorio che s’incastra tra Sènnori e Sorso, tra Sassari e il mare. Forti saliscendi, rupi impervie e sassi bianchi prima delle dune di Platamona e il mare. Terra arcigna ma generosa, dove nei banchini Farmer Market trovi prodotti dai sapori decisi, intensi. Nitidi. E vini copiosi, e come disse l’amico sardo, una specie di Università di Vermentinologia, il bianco sardo per antonomasia virato in mille sfumature. Il primo giorno però si va a tentoni: la mano s’allunga verso lo scaffale della cantinina Despàr, nella categoria più di cinque meno di dieci (europei per flacone) arraffo il “Papiri” Vermentino di Sardegna DOC di S.Maria la Palma, celebrata cantina cooperativa dell’estremo Nord Ovest dell’isola, dalle parti di Capo Caccia. Il millesimo è il 2006: e volentieri, che al momento sono irretito dai bianchi non più nel fiore degli anni. Costa attorno a 6 euri: lo raffreddo e lo apro, e lo trovo tristo: non ostante le buone recenzioni. Eccolo morto cadavere, brasato di vecchiaia, spento d’acidità, irrigidito in una riduzione fossile ed ossidata. Me ne dolgo moderatamente, che finirà nelle acque pazze dei pesci dell’Asinara. Ma un po’ sì, perché penso ai bancali dimenticati al sole, mal conservati, amareggiati da un’attenzione frettolosa e sghemba negli oscuri angiporti della GDO. Ma non mi rassegno, ed alla prossima uscita mi fermo proprio a Santa Maria la Palma, un paesello più piccolo dell’area occupata della cantina: anzi, la cantina stessa è il paesello. Gran genere lo spaccio aziendale, con cristalli e legno, espositori fiammanti, commesse che paiono appena estrapolate dal cast di Beverly Hills 90210 ma gentili assai. Il “Papiri” annata corrente, cioè 2009, è in vendita a 5,50, ma poco discosto c’è un’offerta-super: il 2008 è in vendita a 3,50 la bottiglia. Ne prendo un poco di ogni, ma basisco profondamente di fronte all’ulteriore offerta di sconti quantità: il “Papiri” 2008 due cartoni per totali 12 bocce vien via a 20-euri-netti. Meno di due euri l’una. Non faccio commenti, perché mi devo ancora fare una ragione del rollercoaster di prezzi, ma riepilogo per chiarezza. 1. il 2006 è tutt’ora in vendita al supermercato a 6 euri e dispari. Andatissimo, pessima figura del prodotto e del produttore. 2. il 2009 è in vendita in cantina più basso, a 5,50. E’ un bel vino, se vuoi un filo calligrafico ma generoso e deciso, di certo privo di errori di grammatica. 3. il 2008 è tutt’ora in vendita in cantina, a 3,50, quasi il 50% in meno dell’annata corrente. All’assaggio lo trovo quasi migliore, con una venatura di secchezza che me lo fa prediligere. Ma se ne prendi 12 flaconi, lo tiri via a 1,80 circa. Dalle parti del Tavernello, per dire. Le domande che farei se fossi uno che fa domande: Perché su quello scaffale c’è un vino morto? Perché un vino ormai fuori mercato è venduto con il 400% di ricarico sul vino dell’anno scorso? Quale vantaggio ha la Cantina a tenere in giro prezzi così bislacchi? Perché c’è ancora un esubero di stock così rilevante da considerare ancora desiderabile vendere piccolissime partite con sconti così depauperizzanti? Sono riflessioni, domande per ora senza risposta. Di certo il consumatore che c’è si sente smarrito. E perché negarlo, mazziato.

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