Attualità

Il vino patrimonio dell'umanità

pubblicata il 21.05.2013

Noi abitanti della zona del Mediterraneo abbiamo una grossa fortuna, che si chiama olio d'oliva. Pur consumando buone quantità di grassi abbiamo una bassa incidenza delle malattie cardiovascolari. Merito proprio dell'oro giallo, che va a sostituire nella nostra dieta i grassi animali di cui fanno largo uso i paesi del nord Europa e quelli americani. Il primo a mettere in correlazione l'alimentazione con le disfunzioni metaboliche quali obesità e diabete fu il nutrizionista genovese Lorenzo Piroddi, considerato il padre storico del concetto di dieta mediterranea. Fu solo in seguito che Ancel Keys fece partire il progetto di ricerca noto come Seven Countries Study che, prendendo in considerazione le abitudini alimentari di oltre 12 mila persone tra i 40 e 59 anni in Finlandia, Giappone, Grecia, Italia, Olanda, Stati Uniti e Jugoslavia, si accorse che l'incidenza delle morti per infarto era molto più bassa da noi rispetto a paesi dove la dieta è molto più ricca in grassi saturi. Venne così codificata e conosciuta in tutto il mondo la dieta mediterranea: pane, olio d'oliva, verdura, frutta, pesce, cereali e vino. Dal 2010 questo regime alimentare è stato dichiarato patrimonio culturale immateriale dell'umanità dall'Unesco, su iniziativa di Spagna, Italia, Grecia e Marocco. Ora sembra giunto il momento anche del vino, o meglio della cultura del vino, candidata ala consacrazione da parte dell'organizzazione delle Nazioni Unite come patrimonio dell'umanità. Non che i riconoscimenti a livello paesaggistico manchino. L'Unesco ha già infatti identificato alcune zone produttive come patrimonio dell'umanità: Borgogna e Bordeaux in Francia, Los Arribes del Duero in Spagna. E in lizza ci sono anche altri territori italiani, come la zona piemontese delle Langhe, del Roero e del Monferrato, unica candidatura italiana per il 2013, ma altri si apprestano a bussare alla porta dell'organizzazione, come le colline dell'Oltrepò Pavese, o quelle del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore. La strada del vino però questa volta non sarà così agevole perché non c'è grande unità d'intenti. Da una parte infatti si trovano i paesi che per storia e cultura, hanno fatto del vino una delle punte di diamante della produzione agroalimentare, come l'Italia e la Francia, ma dall'altra ci sono tutte una serie di nazioni che vedono il vino come una semplice bevanda alcolica, e come tale da combattere. Vuoi per credo religioso - le nazioni musulmane - vuoi per grossi problemi interni di alcolismo, come le nazioni del nord Europa. Per il momento a portare avanti questa candidatura ci sta pensando l'ACTE, acronimo inglese dell'Associazione per la cultura e lo scambio turistico del vino, che opera nell'ambito della Commissione Europea a Strasburgo, presieduta da Santiago Vivanco. L'Associazione si è già data da fare e grazie anche al sostegno dell'OIV ha già chiesto ai parlamentari dei vari stati produttori di esprimersi a favore di questa candidatura. Pare scontata l'adesione di Spagna, Italia, Francia, Cile e Argentina, mentre ci sono stati i primi contatti con Georgia, Armenia e Turchia. È già stato chiesto il sostegno anche del Parlamento Europeo, che dovrebbe esprimersi entro giugno. L'inserimento nella lista dei beni immateriali partimonio dell'umanità della cultura del vino sarebbe il coronamento di almento 5000 anni di storia a fianco dell'uomo, come alimento, simbolo religioso, fulcro di aggregazione, elemento conviviale. Che mondo sarebbe senza il vino. Immagine: Consorzio Conegliano Valdobbiadene

Condividi

LEGGI ANCHE