Attualità

L'Italia del bio

pubblicata il 23.11.2012

Il biologico è sempre un ambito di discussione avvolto dalla nebbia. Per fortuna arriva puntuale il Bioreport 2012 a fare un po' di chiarezza, e a fornire un po' di dati ufficiali per dare la stima del fenomeno in Italia. È un libro a più mani, nato dalla collaborazione fra SINAB, MiPAAF, ISMEA e INEA: una sicurezza insomma. Leggendolo si scopre che l'Italia è fra i primi dieci paesi al mondo in quanto a superficie coltivata con metodo biologico (poco più di un milione e centomila ettari), e fra questi, lo stato con la percentuale più alta di superficie biologica sul totale della superficie coltivata con l'8,7%. Le aziende bio sono 41.000, circa un decimo dell'India, che è leader mondiale  con 400 mila aziende. È comunque un numero che ci consente di essere primi in Europa. Non siamo invece primi per quanto riguarda i consumi: la spesa pro capite media nel 2010 è stata di soli 25 euro, a fronte degli svizzeri che hanno il primato mondiale con 153 euro spesi a testa. L'agricoltura biologica pare anche essere un rifugio per molti, vista la continua crescita negli anni, nonostante le evoluzioni non positive del settore agricolo. La spiegazione più plausibile è che molti agricoltori abbraccino questo metodo anche per garantirsi un reddito aziendale maggiore. Fra le colture la fanno da padrone le colture foraggere e i prati-pascoli, superfici destinate quindi al consumo animale, seguite dai cereali e dall'olivo. Ancora abbastanza indietro la vite, con circa 52 mila ettari coltivati. Fra gli animali invece in prima posizione il pollame, leader indiscusso: un po' per le uova, un po' per la carne. Nonostante i numeri positivi, siamo comunque costretti a importare circa 120 mila tonnellate all'anno di prodotti bio, principalmente dagli stati europei non UE, come la Moldavia. Passando a parlare in termini economici, il giro d'affari del biologico nel 2010 - ultimi dati disponibili - è stato di oltre 59 miliardi di dollari: 49% realizzati in Nord America, con il mercato in espansione, 47% in Europa, in leggera regressione, e il restante 4% in altri continenti. In Italia la spesa si concentra su un numero limitato di prodotti, poco più di una ventina, raggruppabili nelle quattro categorie dell'ortofrutta, il lattiero caseario, le uova e la pasta-riso. Molti se ne comprano nella GDO, ma anche i negozi specializzati sono ormai molto presenti sul territorio: più di 1200 punti vendita, in crescita numerica e buona parte distribuiti al nord. In crescita, fra il 10% e il 20%, anche il fatturato di queste ultime. Nel testo viene anche analizzato il caso del vino, che dal 2012 può fregiarsi del titolo di prodotto biologico. Prima infatti si poteva rivendicare il biologico solamente sulle uve. Qui la situazione è abbastanza disomogenea, nonostante la crescita sia continua. Molto interesse si riscontra in Sicilia, prima regione in quanto a superficie di vigneti biologici, assieme a Marche, Puglia e Toscana. Molto più indietro le altre regioni, anche quelle a importante tradizione vinicola, come il Veneto, il Trentino Alto Adige e il Piemonte. Un'Italia dunque a due velocità: da una parte gli agricoltori che si spostano verso il biologico un po' per convinzione, un po' per cercare di migliorare la situazione economica dell'azienda, dall'altra consumi che non sembrano decollare, pur essendo in lenta ma costante crescita. Immagine da Flickr

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