Attualità

Itinerari | Amalfi

pubblicata il 21.05.2013

Stai con i piedi avvitati alle pietre del selciato, all'ombra del Duomo mille metri più in alto, e senti incombere la storia. Non è cosa di pamphlet pubblicitari, o di informazioni turistiche, culturali, intellettuali, fisiche o morali, è di più. E' il sussidiario delle elementari, che ti tiri dietro, con quelle notizie banali e semplificate che ti lasciavano delle certezze. Non c'era questa urgenza di capire: Amalfi, Repubblica Marinara. Le navi, le cartiere, le ferriere. Tutto il resto viene di conseguenza.Del resto ti basta arrivare di sera da Cetara, manovellando il volante della vettura come un ferrotramviere, per renderti conto dell'unicità assoluta di quel luogo: un anfratto scavato nella roccia, uno slargo incuneato un po' a casaccio tra le pareti verticali, la roccia, la verzura. Tutto è verticale ad amalfi, come se il mondo fosse ridotto a due sole dimensioni: l'alto e il basso. E poi c'è il mare.Il mare non lo vedi più un metro dopo che hai valicato le porte della città: s'eclissa. Ma resta un alito che non t'abbandona: nemmeno quando ti torcicolli a guardare la facciata del Duomo, il campanile. Nemmeno quando t'interroghi sulle prospettive escheriane dei suoi sottoportici. Nemmeno quando ansimi sulle scalette, che s'arrotolano e portano sempre nello stesso posto. Nemmeno quando mugugni per i gruppi che sciamano lungo il corso. Nemmeno quando vedi che quei negozietti di bric-a-brac turistico-pittoresco sono un infarto estetico. Nemmeno quando vedi le cartiere, le case-ruderi troppo lontane dal centro per essere recuperate, nemmeno allora ti dimentichi che il mare è lì, e la roccia tutt'attorno lo rendono via verità e vita, che solo di là può esserci orizzonte.Amalfi è incoscientemente bella.

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