Attualità

Itinerari | Bevagna

pubblicata il 08.07.2013

Un grappolo di case abbracciate l'una all'altra: grandi cumuli di pietre grigie e mattoni che prendono la via del sublime con i trucchi dell'archiettura alchemica del Medioevo. Quando gli ingegneri dimentichi delle lezioni dei classici inventavano tutto con altre prospettive. Anzi, ingannando le prospettive, facendo di necessità virtù. Sbagliando, e portando l'imperfezione alle soglie dell'immenso.
C'è una via che taglia il borgo, ed è una via romana: la trovi immergendoti nella cripta della  pieve, due metri più in basso. La piazza principale è un gioco di disegnatori ebbri, persi dietro l'illusione ottica. Arrivi di sopra e ti sembra immensa, la scalinata dell'edifizio civile che spinge in cielo, la linea obliqua che allontana l'orizzonte, la facciata a schermo del Duomo che fa da scena. La risali di sotto e ti sembra il salotto di casa: il traverso del palazzo comunale che ti si schiaccia addosso, a togliere il respiro, il sacro e il profano che si fronteggiano e si incastrano, e si fuggono, potenti come giuochi d'amore.
La fontana nel mezzo, a stordire. Ancora, scendere stradine di pietra con il collo piegato all'indietro, a guardare verso l'alto i ricami scolpiti nei frontoni, negli absidi. Labirinti di linee curve e poi diritte e poi ancora piegate, maldestramente come tutto nell'Evo Oscuro quando costruire era più ammucchiare che erigere.
E d'improvviso il lavatoio, specchio del cielo. E il torrente, nervoso.
E d'improvviso l'emiciclo incastrato nel quartiere: ti accorgerai solo dopo che è la cavea del Teatro Romano, di cui restano: le fondamenta, un arco e una linea, e due ambulacri inclusi nell'isolato di mattoni a mano, appoggiati sull'opus incerto. Profuma di muschio, li terra bagnata e di gelsomino, che da per tutto s'arrampica a inondare il passaggio, assieme a gatti presuntuosi.
Bevagna scava fuori dal piano la terza dimensione, con perigliosi contrappunti di luci ed ombre, da innamorarsi. Come quelle sedie lungo la via, con il nome del proprietario scritto sullo schienale: sono lì apposta per attenderlo il postino, e Giovanne, e lo zio. Sorridi, ma l'uomo che esce dall'ombra e te le spiega è vero e vivo, e gli sorridi.
Sorrisi al gelsomino.

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