Attualità

Itinerari | Ostuni

pubblicata il 18.07.2013

L'autore si trova di fronte ad un doppio paradosso: scrivere di Ostuni per parlare di Ostuni che è una città da guardare. Quindi inizia la pagina sapendo di ingannare i propri lettori: le parole sono un pretesto per sbirciare le foto, che sono un pretesto per parlare di Ostuni. Perchè di Ostuni l'autore potrebbe dire: la Città Bianca. Ma ancora di più può ricordare la folgore che maltratta gli occhi quando finalmente il sole si fa strada in un lembo di cielo libero da nembi. Uscire da una penombra riscaldata dai riflessi bianchi e sentire la luce che abbraccia prima, e schiaccia poi. Contro i muri, addosso a piante grasse, tra le gambe di gatti acciambellati. Sotto i volti, nei sottoportici, all'ombra dei panni stesi. Che altrove sarebbero solo avvilenti bandiere di sciattezza, qui sono il sintomo del dentro che va fuori: le palazzate - le case multipiano accatastate l'una sull'altra - sono addossate, affossate, strette, concupite l'una dall'altra. E sboccano all'istante verso un esterno che è solo prosecuzione: le strade come corridoi, le piazzette come stanzette, arredate con la stessa cura. Vasi di fiori; persiane dipinte; gatti, niente ratti. L'autore si ricorda una strana consapevolezza, improvvisa. Le auto non salgono al centro, non c'è modo: non c'è spazio. E zampettando le strade alte s'accorge - quasi senza farci caso - che non ce n'è, nè in moto nè parcheggiate. Poi un'Ape rossa, o blu, un paio di ginz a fare tenda, lenzuola come vessilli, cacti solitarii. Si prende il tempo: cammina. Guarda. Chi sarà capace di tacere, e di farlo da solo, ne troverà l'essenza: un silenzio abbagliante. Le immagini sono dell'autore.

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