Attualità

La madre di tutte le leggende: la "madre" dell'aceto

pubblicata il 12.07.2011

Ci sono convinzioni dure a morire. Una di queste è relativa alla madre dell’aceto. Le prossime righe infatti rischiano di scardinare alcune delle certezze che fanno parte del nostro patrimonio di convinzioni nate dalle origini contadine, dalla tradizione, dalle pratiche antiche tramandate di padre in figlio. Parliamo di aceto, quello “da vino” (o da altri frutti e materie prime, escluso il “Balsamico Tradizionale”, che è un’altra storia…). E se parliamo di aceto, cosa vi viene in mente, a parte l’amorevole sapore dalle proprietà tonico-rinfrescanti e rinvigorenti? La stragrande maggioranza delle persone ha una sola certezza in merito: per fare un buon aceto ci vuole una (gran) madre. Magari vecchia, magari da “rubare”  a qualcuno che la mantiene da anni. Bene, senza scomodare Fantozzi prendendo spunto dal suo pacato parere relativo alla Corazzata Potëmkin possiamo oggi ufficialmente affermare che “per fare un buon aceto, è meglio se la madre non c'è”. Preciso che parliamo di quella “cosa” gelatinosa, un po’ viscida, che si forma solitamente sulla superficie di prodotti in acetificazione/ossidazione (ma che può altresì cadere e quindi trovarsi sul fondo del recipiente). E non è che questa considerazione del tutto negativa sulla madre sia un parere personale, non è che lo affermo io da ultimo arrivato. A sostegno di questo postulato destabilizzante*, ci sono diverse considerazioni che, solo per non annoiare, tratterò sommariamente: 1- La "madre", quella gelatinosa che Mario Pojer la definisce “un fegato”, NON è - come abbiamo sentito dire - la “colonia degli acetobatteri”. La "madre" è una massa di cellulosa, frutto del loro lavoro, sulla quale si trovano anche gli acetobatteri. Sarebbe un po' come vedere un uomo sugli sci e considerare il tutto un uomo, sci compresi. Oppure vedere un'automobile con due persone, un cane, una pianta a bordo e considerare il tutto un’insieme di uomini. Invece la "madre"-  per l’appunto una vera e propria stratificazione di cellulosa - è solo un veicolo degli acetobatteri, che ci dice, tra l’altro, che gli acetobatteri presenti non sono di certo i migliori. Anzi, potremmo dire che sono i peggiori. 2- Gli acetobatteri che producono la "madre" come quella considerata fanno parte della famiglia degli xylinum, che hanno un’attività biologica palesemente negativa per il nostro nobile fine. E a sostegno di questo ci sono autorevoli fonti storico/scientifiche, per le quali rimando alla fine. Quindi, fermo restando che un velo delicato sulla superficie è sinonimo di buona “contaminazione”, quindi va preservato e, se possibile, utilizzato – questo sì!- come madre-innesto per ulteriori acetificazioni, dobbiamo rassegnarci alla consapevolezza che la pratica ancestrale dello “scrocco” della madre da parenti/amici va rivisto, alla luce di tutto ciò, come una delle più grandi ed infondate suggestioni mai esistite. Anche in virtù del fatto che trasportare fisicamente la madre significava veicolare assieme agli acetobatteri - sbagliati - anche altri possibili microorganismi tra i quali, non tanto rari in passato, le fantomatiche anguillole che nel migliore dei casi si mangiano l’acido acetico e lo trasformano in CO2 e acqua. Il risultato è una vera e propria malattia dell’aceto, e assai difficile da debellare. Si diceva infatti che si poteva prendere la madre, spezzarla, lavarla con vino o con aceto buono già forte (e allora era quest’ultimo a funzionare da starter, non la madre in sè), senza per l’appunto distinguere tra veicolo e attività organica e generando una colossale leggenda urbana. E questo nonostante l'importante mole di letteratura scientifica prodotta in merito già cent'anni or sono: MANUALI MARESCALCHI – L’ACETO DI VINO – Casalmonferrato 1917 Le culture pure e la selezione dei bacteri acetici – pag 25 Fra i bacteri nocivi sono da noverarsi quelli detti bacteri acetici selvaggi i quali intorbidano fortemente l’aceto, danno un processo di acetificazione troppo lento, un aroma senza valore, o, viceversa, producono una acetificazione rapida e possono distruggere precocemente l’alcool e l’acido acetico man mano che si forma. … nelle fabbriche di aceto di vino ed altre, il B. ascendes, il B. vini acetati e primo di tutti il B. xylinum. Particolarmente quest’ultima specie di bacterio mucillaginoso si trova di frequente, la quale produce quella specie di pelle cuorosa, tenace, difficilmente stracciabile, spessa qualche centimetro. Questa specie acetifica assai lentamente, produce un aceto di scarsissimo valore, e consuma già durante l’acetificazione alcool ed acido acetico. Le degenerazioni del fermento acetico – pag 92  … Il più grave è però il Bacterium Xylinum studiato da Brown, esso produce una specie di pellicola curiosa, tenace, difficilmente staccabile, spessa talora qualche centimetro; acetifica assai lentamente; produce aceto di scarsissimo valore e consuma già durante l’acetificazione alcool e acido acetico. La pellicola cuoiosa formata dal B. xylinum … è una cellulosa distinta da quella dei funghi e da quella che costituisce la membrana cellulare dei bacteri; essa contiene dal 35 al 62% del suo peso di materia secca. Anche la forma mucilagginosa che il bacterio acetico prende quando il velo si forma nell’interno del liquido va qui registrata; il bacterio allora lavora male produce poco acido. Di fronte a questo testo, a tratti commovente per l’utilizzo di certi aggettivi tanto azzeccati quanto dimenticati (… “quella specie di pelle cuorosa”…), non possiamo che inchinarci a chi, già cento anni fa, metteva nero su bianco che la madre – sempre intesa come più sopra descritto – non poteva che essere tolta al più presto dalle nostre damigiane/botti, pena ottenere “aceto di scarsissimo valore”. Ci sarebbe da chiedersi cosa e perchè, in questo secolo, abbia di fatto capovolto un giudizio negativo così palese e tranchant diffuso nei manuali tecnico/scientifici. Non è detto che tutto ciò che facevano i nostri genitori o i nostri nonni fosse corretto solo perchè antico: ultimamente ho avuto modo di ri-vedere con occhio critico le scelte di precedenti generazioni, in ambito agricolo, dal dopoguerra in poi. Ma  questa è un’altra storia. Basti pensare alla sorte riservata, negli ultimi 30-40 anni al “Balsamico Tradizionale”, trasformato in una marmellata dolce e mielosa . E anche questa è un’altra, brutta, storia. La "madre" puzza, esala miasmi mefitici: basta la più semplice delle indagini a trasmettere un senso di fastidio che non si combina con l'idea di un prodotto che deve soprattutto essere buono. *quella della madre è veramente una convinzione dura a morire, perché ci ricollega con il nostro passato, con gesti e leggende tramandateci dai nonni. Ne è prova la convinzione con cui i possessori di aceti con madre “centenaria” sostengono che il loro prodotto è unico al mondo. NdR: Andrea Bezzecchi è un Mastro Acetaio di grande esperienza, curiosità e sapienza, non ostante la giovine età. Questa sua battaglia contro le convinzioni più o meno aristoteliche è la nostra, e AdG lo ospita volontieri.        

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