Attualità

La Marsica, il latte crudo e una pecora. Nera.

pubblicata il 07.11.2011

Ho conosciuto Gregorio Rotolo sette anni fa, a Firenze. Trattoria al centro, cena "istituzionale" post fiera, Greg era seduto, per caso, al mio fianco. Nel corso della serata avrà pronunciato si e no trenta parole. Al terzo ammazzacaffè volta lo sguardo alla sua sinistra ed incrocia il mio. "Tu sei sardo, giusto?" "Si, piacere Fabio" "Vabbè, ci presentiamo domani, quando vieni a trovarmi al mio banco, che finalmente ti faccio mangiare un pecorino buono". Pausa, sguardi di sfida, risata fragorosa, saluti fugaci. La mattina seguente mi getto al suo banco. Ovviamente Greg ha vinto la sfida. Senza ma e senza se, ha conquistato un pezzo del mio cuore. Greg lavora il latte come pochi, a crudo, è un pastore che non pastorizza, le sue tante pecore (e vacche e poche capre ed i cavalli con i muli) di razze diversissime, le porta fuori, sole o neve, ogni giorno, a 1.300 metri di altitudine. Perché la sua terra è Scanno, è l'Abruzzo e le sue montagne sono le salite sassose della Marsica. L'ho incontrato parecchie volte in questi anni e l'ho ritrovato anche pochi giorni fa a Fornovo, ed ho ritrovato anche quei suoi formaggi, semplicemente straordinari. Alcuni, poi, sono capolavori di latte e fantasia. Come il Gregoriano, un pecorino basso e schiacciato, crosta bianca, profumato d'erbe e di lana, lavorato lentamente, a coagulazione lattica, morbido come un taleggio, così distante dal pecorino nel quale mi riconosco, da farmi innamorare, ogni volta. O lo Scorza nera, massaggiato con l'olio d'oliva e ricoperto di carbone vegetale e farina "così stagiona e non si asciuga, pare burro". O il Trittico, formaggio di recupero, inimmaginabile nella profondità, fatto con i tre latti che si fondono in una pasta quasi filata, striata di gialli distanti, esteticamente discutibile, praticamente irrinunciabile. Gregorio si diverte, e si vede, ogni volta che deve spiegare il suo Caciocavallo barricato. Il classico vaccino del centro sud lui lo mette a dormire dentro barrique di rovere fuori servizio, li ricopre di crusca grossa, ci versa litri di vino ("Ma quale Greg?""E te lo dico a te?"), li lascia là dentro qualche mese. Quando apre la botte i caciocavallo "piangono che sembrano bambini", la crusca ha fermentato dolcemente insieme al vino, il sapore si arricchisce, si fa nuovo, si fa respiro lungo, lunghissimo. "Ciao Greg, sono Fabio, ti ricordi di me? "No, ma hai il viso conosciuto. Sei sardo?" "Si, Greg" "Allora assaggia tiè, che finalmente ti faccio mangiare un pecorino buono". ndr: un fragoroso grazie a Danilo Gatti aka inmicio per lo splendido scatto

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