Complice una primavera che sta partendo a rilento, è ancora tempo di erbe spontanee. Prodotti straordinari che la natura ci mette a disposizione alla sola condizione di saperli riconoscere. Una passeggiata in campagna o in collina, armati di borsette e temperino, può così diventare un modo divertente per portare a casa una varietà di sapori immuni da qualsiasi rincaro sui banchi dei mercati. Sono solo due le attenzioni che vanno poste nei confronti di questa divertente e sana attività: raccogliere solo ciò che si conosce davvero bene - per evitare intossicazioni - e informarsi sulla legislazione locale, che spesso protegge alcune specie a rischio di scomparsa. La lista è pressoché infinita ma proviamo a fare una piccola selezione.
Il più diffuso e facile da riconoscere di tutti è probabilmente il tarassaco (
Taraxacum officinale), che rappresenta un ottimo contorno dal gusto amarognolo e sapido; le foglie con una piccola parte della radice e gli abbozzi dei fiori vengono dapprima lessate e poi poste in padella con soffritto a base di lardo o pancetta, oppure con olio d’oliva extravergine. Simile nella forma e nell’uso è il crespino (S
onchus oleraceus) dal gusto leggermente più dolce; con le giovani foglie del buon enrico (
Chenopodium bonus-henricus), una delle migliori erbe spontanee mangerecce, simile anche nel gusto allo spinacio, si preparano dei contorni gustosissimi, insaporiti con lardo e ricotta. Solo bolliti ed insaporiti con olio, aceto, sale e pepe si mangiano invece gli asparagi di bosco (
Aruncus dioicus), la cui raccolta però in certe zone è vietata.
Come dimenticare poi il luppolo (
Humulus lupulus), di cui si colgono i germogli lungo le siepi per preparare risotti, frittate e torte salate. I più esperti non dimenticheranno di cercare i turioni del tamaro (
Tamus comunis) che però richiede una certa attenzione perché la radice è tossica, i germogli di pungitopo (
Ruscus aculeatus), la cui raccolta In alcune zone del nostro paese è regolamentata da disposizioni locali, nonché i giovani germogli della vitalba (
Clematis vitalba). Si raccolgono poi anche le foglie di valerianella (
Valerianella locusta) per gustose insalate, i germogli primaverili dell’ortica (
Urtica dioica) e della silene (
Silene vulgaris), che finiscono in risotti e insalate, e le rosette basali del papavero (
Papaver rhoeas), consumate come il tarassaco.
Un discorso a parte merita poi la più ricercata fra le erbe spontanee: il raperonzolo. Si tratta a tutti gli effetti di una campanula, come ci dice il suo nome scientifico:
Campanula rapunculus. La raccolta inizia già a fine inverno e prosegue per il primo tratto della primavera. Del raperonzolo si mangiano le prime, tenere foglie, ma soprattutto la radice, che va raccolta sul finire dell'inverno, quando si è sufficientemente ingrossata. Il suo sapore è dolciastro e gradevole, grazie alla presenza di inulina al posto dell'amido come sostanza di riserva. Anche qui occorre fare attenzione alla legislazione, perché in alcune zone è vietata la raccolta del raperonzolo. Per ovviare al problema il raperonzolo si può anche facilmente coltivare nell'orto di casa.
La scelta del luogo in cui raccogliere le erbe spontanee è molto importante: è opportuno evitare aree inquinate, come bordi di strade, prati in vicinanza di strade ad elevato traffico, siepi e prati diserbati. Meglio stare lontani anche da vigneti e frutteti in genere, per via dell'uso dei fitofarmaci. Tutte le erbe spontanee sono a basso contenuto di calorie, ma hanno un elevato contenuto di vitamine A - B - D e di calcio. Inoltre hanno un elevato potere depurativo per l’organismo, anche se ciò le rende controindicate a chi ha problemi renali e di colite. Attenzione però a non perdere il momento giusto: la stagione delle erbe spontanee fa presto a finire e non vi sono serre, né importazioni da paesi esotici che la possa prolungare. Solo salendo di quota verso le montagne si potrà trovare il ciclo vegetativo in ritardo di un mese.
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