Attualità

La scalogna di non essere cipolla

pubblicata il 13.03.2013

Chiudiamo il cerchio con i prodotti dotati di forte componente aromatica: dopo aglio e cipolla parliamo di porro, scalogno e cipollotto. Sono tutti e tre ottimi sostituti della cipolla nelle stesse preparazioni, ed ognuno ha il suo seguito di fan più o meno sfegatati. In realtà i cipollotti non sono una specie a sè stante, ma non sono altro che cipolle raccolte con tempistica diversa rispetto alla sorella maggiore. Commercialmente esistono infatti tre tipologie di questo ortaggio, distinte a seconda dell'epoca di raccolta e del trattamento a cui vendono sottoposte. La prima in ordine cronologico è proprio il cipollotto, raccolto quando il bulbo non è ancora sviluppato e le foglie sono tenere e di un colore verde brillante. Seguono la cipolla da consumo fresco e quella da serbo, che si mantiene nel corso dell'inverno. Il cipollotto viene apprezzato per la sua dolcezza, e di esso vengono impiegate anche parte delle foglie. Il cipollotto ha anche una DOP: il Cipollotto Nocerino. Si trova un po' tutto l'anno, ma il momento migliore per le colture da pieno campo è quello della primavera, fra aprile e maggio. Con lo scalogno (o scalogna) passiamo invece a un'altra specie: l'Allium ascalonicum. Appartenente come aglio e cipolla alla famiglia delle Liliaceae, le sue origini si perdono nella zona dell'Asia Centrale, dove è ancora possibile trovarlo allo stato spontaneo. Il nome deriva dalla città di Ascalon, in Palestina, dove era particolarmente diffuso e apprezzato. In Europa arrivò a seguito dei crociati, e si diffuse ben presto in Francia, che ne fa ancora oggi largo uso. Dal punto di vista botanico lo scalogno ha una particolarità: difficimente produce fiori. Per riprodurlo è quindi necessario piantare i bulbi dell'anno precedente. I bulbi, che sono la parte che noi mangiamo, hanno la forma del fiaschetto allungato e un colore bianco con sfumature violacee. Lo scalogno risulta normalmente più digeribile della cipolla e il gusto è più delicato. Per questo spesso raccoglie le preferenze di cuochi e consumatori nella preparazione dei soffritti, ma anche per l'utilizzo a crudo. Lo scalogno di Romagna è tutelato dall'IGP. Terminiamo la carrellata con un altro appartenente alla famiglia delle Liliaceae: il porro. Botanicamente identificato come Allium porrum, è una pianta erbacea monocotiledone che arriva ad un'altezza di 30-40 centimetri. Il suo ciclo vitale si svolge su due anni e per questo viene detto pianta biennale: durante il primo anno di vita - ed è lì che noi lo raccogliamo - immagazzina le riserve che utilizza l'anno successivo per fiorire e riprodursi. Le sue origini non sono molto chiare. Quello che è certo è però che era conosciuto già ai tempi dei romani. Ne era infatti ghiotto l'imperatore romano Nerone, tanto da farlo chiamare "il porrofago", il quale lo mangiava in grandi quantità perché era convinto che schiarisse la voce. Del porro consumiamo la parte basale del fusto, quella più bianca, aromatica e tenera, che si ottiene per rincalzatura del terreno in fase colturale; nelle preparazioni cotte si può utilizzare anche un po' di parte verde. Dal punto di vista nutrizionale è molto ricco in acqua (oltre il 90%), povero di calorie e apporta una buona quantità di fibre. Fra i più famosi in Italia ricordiamo il porro di Cervere. Immagini: Agricoltura sociale Mantova, Flickr

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