Francesco Miselli è un giovane e spumeggiante cuoco che dopo il giro del mondo - forse in qualcuno di più di quegli 80 giorni - ha trovato casa vicino a casa. Lui, modenese dop, officia a Puianello di Quattro Castella, proprio ai bordi delle terre matildiche. Con una vena istrionica e senza prendersi troppo sul serio mette la sua creatività a disposizione dei pochissimi tavoli del raffinato sottoscala dell'
Arciprete. E se sottoscala pare riduttivo, prova a respirare
l'aria di brillante invenzione che aleggia qua sotto, e poi ne palliamo.
Francesco si dà da fare: oltre a riscrivere a nastro continuo
i piatti della tradizione pungendoli con la sua cultura cosmopolita, si prende cura dei suoi clienti registrandoli e tenendoli aggiornati con le sue iniziative. Con l'aiuto della moglie che condivide con lui vita e professione e, dice, si occupa delle tecnologie più moderne, perchè pare che sia quello il suo forte.
Quindi a cadenza ti giungeranno i bei menù dei venerdì: commendevoli per frequenza, scelta e convenienza.
Proposta fissa per tutti gli ospiti, orario convenuto,
prezzo convenuto tutto compreso. Avrai fatica a resistere ad una bella galoppata di
lambruschi d'elezione, accompagnati a pietanze in cui l'invenzione vince sulla scoperta: anche a costo di qualche azzardo, purchè preso con il giusto garbo.
Dunque in apertura la prima travolgente sorpresa: le splendide
ostriche cave accompagnate all'
"Ancestrale" di Bellei: una sorpresa assoluta, riuscita ed efficace, con la stessa trascinante forza emotiva di un'altra evenienza perduta nella memoria: le ostriche irlandesi con la birra scura a temperatura ambiente.
A seguire giungono gli
sgonfiotti di parmigiano con bottarga di muggine, salsa di pomodoro e bottarga di tonno. Di certo "osata" nella sua preziosa archietettura, troverai prepoderante il sapore del grana che perde le due bottarghe, mentre nel semplice appoggio all'eterea salsa di pomodoro avrebbe già una sua compiutezza. Ottima la beva del
Bollicine di Manzini, un Lambrusco che da grande vuol fare lo spumante e disegna l'orizzonte di questa troppo spesso sghignazzata denominazione un po' più in là.Piccolo capolavoro della serata, gli
spaghetti del Latini al lambrusco, con salvia fritta burro nocciola e noce moscata. Un piatto assai lanciato ma
perfettamente riuscito: semplice solo all'apparenza, ma in realtà assai pensato sia nella cottura che nell'esecuzione, abbinati allo stesso lambrusco di cottura: un Reggiano scuro di stampo mantovano, lo
Stopai di Tirelli di Gualtieri.Arriva il
tonno con purea di zucca, crema di scarola e riduzione di balsamico e patatina chip sposata in mirabile parabola allo stupefacente
Vecchio Moro di Rinaldini, un Brusco di complessità degna di ben altri territori. Cottura del tonno perfetta, salse d'accompagno con temperatura di servizio un po' lasca seppur degne comprimarie
in primis la scarola.Fine semplice, quasi arcaica: uno
zabaione al lambrusco, servito con le meringhe e le torte secche (la sbrisolona...!). Ecco che dalla mestolata di rame dal paiolo di rame emerge il sapore del
"bevr'in vein" che ricordi a fatica perchè scomparso dalle nostre tavole da tempo, che il nonno i cappelletti li bagnava con il lambrusco nero e li sorbiva dalla scodella. E nero è l'
Otello di Ceci, alla moda parmigiana agile e leggermente abboccato.Imperdibile la
frutta secca al bicchiere, sottili sfoglie d'arancia, mela e ananasso, serviti per soprammercato in chiusura.Miselli fa capolino tra una portata e l'altra a raccontare le sue alchimie, senza alcuna prosopopea e con quel fare scanzonato che ti fa sorridere di più, e di questo gli sarai grato: non meno che per l'addizione, che
nei 40 europei comprende oltre alle portate ed ai vini l'acqua, il caffè, e un ottimo e sconosciuto Bourbon canadese dagli aromi sconosciuti ai più.Prenotare sempre.