Attualità

Less is more

pubblicata il 22.04.2013

Less is more è un gioco di parole, quasi un ossimoro direbbero i più bravi, che era utilizzato come motto da Ludwig Mies van der Rohe, importante architetto e designer tedesco del secolo scorso. Lo utilizzava nel suo campo di lavoro, ovvero l'architettura, di cui sosteneva una visione minimalistica, in cui il meno diventa un di più. Un lavoro di sottrazione, dunque, che ben presto verrà utilizzato anche in altri campi, compreso quello della comunicazione e della scrittura. E, perché no, pure in cucina. Allontanato lo spettro della fame, anche la ricerca in cucina è andata verso una direzione di sottrazione, in termini di ingredienti, ma anche in termini di quantità. Ma non dappertutto è così, anche perché buona parte della popolazione continua ad associare l'esperienza gastronomica con la quantità di cibo ingerito. La ricetta della felicità al ristorante è ancora: mangiare tanto e spendere poco, con il gusto spesso messo in secondo piano. E il problema non è l'appetito. È quanto conferma uno studio della University of New South Wales pubblicato sulla rivista Journal of Health Psychology, che ha esaminato il rapporto fra l'abbondanza delle porzioni servite e la quantità di cibo mangiato. La ricerca ha coinvolto 96 donne suddivise in tre gruppi. Il primo era il gruppo dell'educazione: veniva loro spiegato, attraverso depliant informativi, quali fossero gli effetti dell'eccesso di cibo dal punto di vista salutistico e come l’umore, la pubblicità, le dimensioni delle porzioni e gli aspetti sociali e culturali influenzino l'alimentazione. Il secondo gruppo era invece quello della consapevolezza: a loro è stato insegnato come focalizzare l'attenzione sul gusto e sul senso di sazietà mentre si mangia. Il terzo era invece un gruppo lasciato libero, da usare come controllo. Dopo questa prima fase sono stati serviti due tipi di piatti di pasta al pomodoro, uno più abbondante e uno più scarso. Il risultato è stato che nessun tipo di educazione o di consapevolezza ha influenzato il comportamento a tavola. Le persone a cui è stato servito il piatto più abbondante hanno infatti mangiato mediamente il 35% in più di quelle a cui invece è stato proposto il piatto più scarso. Come ben riassunto da Lenny Vartanian, autore dello studio "Diversi studi hanno dimostrato come l'incremento delle porzioni nel cibo, ma anche nelle bevande, si risolve in una maggior assunzione di energia. E questo non è influenzato da fattori come il gusto o la fame". Sembra quindi possibile ricondurre tutto alle porzioni servite: non c'è educazione, gusto o consapevolezza che tenga. È proprio il caso di dire: more is more.

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