Attualità

Lino Maga, un Barbacarlo ci salverà

pubblicata il 27.09.2012

"Qualcuno mi protegga da quello che desidero o almeno mi liberi da quello che vorrei" In clandestinità, V. Capossela "No". Lino Maga articola la negazione tra una boccata e un'altra ancora e un'altra ancora e un'altra, ancora. Le MS morbide si asciugano tra le labbra in un attimo. "No". Ed è una nuvola grigia che parla, una negazione, una monosillabe, profonda, determinata. Dicono che sia un personaggio, che abbia costruito la sua riconoscibilità non sulle caratteristiche dei vini che produce, ma sugli aspetti così netti e spigolosi del suo essere vignaiolo. Già. Ma è un'interpretazione ingenua delle parole e degli atteggiamenti di quest'uomo, perché Maga è il Barbacarlo. O viceversa, tanto il risultato non cambia. Un viticoltore, un trasformatore, un cantiniere come lui, si identifica geneticamente con il contenuto liquido di quella bottiglia. Anni di battaglie, di nomi e denominazioni, di resistenze ostinate dentro un territorio, l'Oltrepo pavese, che deborda di potenzialità e scarseggia di eccellenze; una vita, quella di Maga e della sua cantina, vissuta da clandestino. In casa propria. "No". La risposta è sempre la stessa, quando si prova a parlare di biologico, di dinamico, di convenzioni o di standard; "il vino è il vino", poche discussioni, molti fatti. La sua unica idea di vino si chiama Barbacarlo, le uve sono quelle delle colline dietro Broni, croatina, uva rara e ughetta (che poi sarebbe vespolina), legni stanchi usati come contenitori, travasi nel cemento seguendo le fasi di quel satellite magnetico che è la luna, poi la bottiglia, dove ancora accade molto, dove il vino continua disperatamente a vivere. Il Barbacarlo non è un vino pulito, non è un vino mosso, non è un vino fermo. Il Barbacarlo non è un vino che profuma di fiori e di frutta, non è un vino secco e non è un vino dolce. Il Barbacarlo è, semplicemente, un vino schietto, diretto, importante, significativo, ricco di diversità, di difficoltà, di ostacoli, di grandezze, di soddisfazioni. Sempre diverso da se stesso, è capace di mutare di anno in anno e da annata ad annata in maniera talmente sorprendente da restare sopraffatti davanti ad una prova così coraggiosa di vita, di sostanza imprigionata dal vetro scuro. Lino Maga soffia il fumo e i racconti con la stessa naturalità con la quale versa il vino nei bicchieri, non lasciando spazio ai "perchè" o ai "come si fa". Basta respirare quel bicchiere per capire che un clandestino racconta tutto senza mai doverti spiegare niente.

Condividi

LEGGI ANCHE