McDonald's se ne va dalla Russia: fine di un’era iniziata col crollo del Muro di Berlino
Il primo punto vendita aprì a Mosca nel 1990: cheeseburger, patatine e Coca-Cola costavano un giorno di stipendio. Oltre trent’anni dopo, cala il sipario: per ragioni umanitarie e anche economiche.
McDonald's ha annunciato l’avvio delle procedure per la cessazione di tutte le attività in Russia, che porterà alla chiusura dei suoi 850 ristoranti nel Paese, che danno lavoro a circa 62mila persone.
L’azienda ha spiegato che dietro alla decisione ci sono ragioni umanitarie e ragioni economiche: da un lato, la guerra e l’invasione dell’Ucraina “non sono coerenti con i nostri valori”; dall’altro, le operazioni in Russia iniziavano a diventare costose. Parecchio costose: lo scorso marzo, McDonald's aveva chiuso temporaneamente tutti i suoi punti vendita nei due Paesi coinvolti nel conflitto, continuando però a pagare i dipendenti, e di recente la compagnia ha rivelato di stare perdendo per questo circa 55 milioni di dollari al mese, oltre a circa 100 milioni di dollari in merce non utilizzata.
In una lettera spedita lunedì ai dipendenti, il presidente e CEO di McDonald's, Chris Kempczinski, ha appunto ribadito che questo business “non è più sostenibile”, ma ha anche lasciato aperta la possibilità di un ritorno: “È impossibile prevedere cosa potrebbe riservare il futuro, ma scelgo di concludere il mio messaggio con lo stesso spirito che ha portato McDonald's in Russia - si legge nel documento - Scelgo di concludere con la speranza e quindi non con Addio, ma con Finché non ci incontreremo di nuovo, come si dice in russo”.
Un viaggio iniziato oltre trent’anni fa
Questa non è una mossa da poco, né per il colosso del fast food né dal punto di vista storico: è la prima volta che l’azienda di Chicago decide di lasciare un mercato di queste dimensioni e di questa importanza, anche simbolica.
In Russia, il primo McDonald's aprì a Mosca, in piazza Pushkin: era il gennaio del 1990, oltre trent’anni fa e appena due mesi dopo il crollo del Muro di Berlino. Era un ristorante, ma era anche un segnale di cambiamento, di apertura e di distensione fra due blocchi che per decenni erano rimasti fermi sulle loro posizioni. Era il primo fast food americano a mettere piede in quella che allora era l’Unione Sovietica, e lo fece alla grande, con tanto di figuranti vestiti da Pippo e Topolino, bandiere, musica a tutto volume (russa, ovviamente). Le cronache del tempo, e i tantissimi video ancora reperibili su YouTube, raccontano di una fila di oltre due ore per poter entrare, di 700 posti a sedere e 30mila pasti serviti in una giornata, di centinaia di moscoviti attirati e incuriositi da quell’icona del modo di vivere occidentale. Che per loro restava quasi inavvicinabile: all’epoca, un cheeseburger, una confezione di patatine e un bicchiere di Coca-Cola costavano come un giorno di stipendio medio nell’URSS.
Leggenda vuole che le trattative per portare McDonald's nell’Unione Sovietica fossero iniziate ben prima, a metà degli anni Settanta: nel 1976, l’azienda fornì alcuni pullman agli organizzatori delle Olimpiadi di Mosca del 1980, che erano in tour negli impianti sportivi di Montréal. Un certo George Cohon, che allora era il responsabile di McDonald's in Canada, li portò a mangiare in uno dei ristoranti: il gruppo se ne innamorò e iniziò a pensare a un modo per fare provare quel cibo a tutti i sovietici. Non fu facile, ma 14 anni dopo riuscirono nell’impresa.
E adesso che cosa succederà?
E che impresa, che fu. Talmente significativa da avere dato vita a una strana teoria di cui qualche anno dopo scriverà pure il New York Times: si chiama Golden Arches Theory of Conflict Prevention (in italiano: La teoria di Prevenzione del conflitto con gli Archi dorati) e dice sostanzialmente che “i Paesi che ospitano McDonald's (gli archi dorati, ndr) non hanno mai combattuto una guerra l'uno contro l'altro”. Che è una cosa rimasta in qualche modo vera sino a oggi. Anzi: sino al 2014, quando la Russia ha annesso la Crimea.
E adesso proprio gli inconfondibili archi dorati che compongono il logo di McDonald's spariranno dalla Russia: l’azienda ha spiegato che continuerà a pagare i dipendenti sino a quando la vendita delle sue attività sarà completata e di essere alla ricerca di un compratore, cui però non consentirà l’uso del marchio. Insomma: l’intenzione pare proprio quella di sparire, tanto che da Chicago hanno sottolineato che manterranno i brevetti in Russia e la proprietà sui loghi e di essere “pronti a difendersi in tribunale in caso di violazioni”.
“Finché non ci incontreremo di nuovo”, per tornare alle parole di Kempczinski. Forse, chissà e se ci saranno le condizioni per farlo.
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