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Vi raccontiamo per bene qual è la differenza tra stoccafisso e baccalà, così da chiarire una volta per tutte perché queste due lavorazioni del merluzzo sono diverse
Nella tradizione culinaria italiana stoccafisso e baccalà sono diffusi da secoli, eppure quando se ne parla c’è sempre un po’ di confusione. Mettiamo le cose in chiaro: baccalà e stoccafisso sono diversi fra loro, sebbene derivino dalla stessa materia prima, il merluzzo. Nel caso del baccalà si tratta di merluzzo conservato sotto sale, mentre lo stoccafisso è merluzzo essiccato all'aria.
Il merluzzo è un pesce d’acqua salata, tipico dell’Atlantico (il più grande e pregiato) e del Pacifico settentrionale. Fonte preziosa di vitamine, proteine, ferro e calcio, ha una carne bianca e delicata molto ricercata, buona sia fresca sia conservata. Ma conservata come?
Una volta pescati, i merluzzi vengono eviscerati, puliti e ridotti in filetti. A questo punto, disposti in casse di legno, sono ricoperti di sale e messi a riposo per almeno tre settimane, con l’accortezza di rigirarli ogni 4-5 giorni di modo che perdano l’acqua in eccesso. Il sale conserva la qualità e la freschezza del pesce molto a lungo, oltre a conferire la caratteristica sapidità. Secondo la normativa, si può parlare di baccalà solo se il contenuto di sale assorbito supera il 18%. Ne esiste poi un secondo tipo che, dopo la salatura, viene essiccato in un apposito tunnel per una settimana.
Il baccalà non è un prodotto stagionale: si prepara tutto l’anno in diversi Paesi dell’Europa settentrionale, per venire poi venduto e consumato soprattutto in quella meridionale, Italia compresa. E a proposito della confusione cui si accennava poco sopra: se le prime ricette che vi vengono in mente sono il baccalà mantecato e il baccalà alla vicentina, sappiate che in realtà sono entrambe fatte con lo stoccafisso!
Al contrario del baccalà, lo stoccafisso si produce solo nel nord della Norvegia, soprattutto sulle isole Lofoten, in un periodo che va all’incirca da febbraio a giugno. I merluzzi interessati sono esclusivamente quelli nordici dell’Atlantico (Gadus Morhua) che raggiungono le isole fra gennaio e aprile (comunemente detti skrei). Dopo un’accurata pulizia, vengono appesi su apposite rastrelliere e lasciati essiccare all’aperto, al sole e al vento, per circa tre mesi. È importante siano ben distanziati fra loro, di modo che l’aria possa circolare liberamente e prevenire la formazione di macchie e muffe. Segue poi un altro periodo di essiccazione al chiuso, in un luogo asciutto e ventilato. Così trattato, lo stoccafisso si conserva a lungo e soprattutto mantiene inalterate le sue proprietà nutrizionali.
Proprio per via della differenza nella lavorazione, anche il prezzo di stoccafisso e baccalà è diverso. Lo stoccafisso è più costoso, perché prevede almeno un anno di stagionatura e quindi ha una produzione più lenta.
Ci sono pesci molto simili al merluzzo che possono essere spacciati per baccalà, ma non lo sono. È il caso del pesce nordico salato, una preparazione che può avere come protagonista il cod, cioè il merluzzo, ma anche altre specie affini. Il "falso baccalà" ha una salatura più delicata rispetto al baccalà autentico, il che lo rende più semplice da cucinare e con tempi di ammollo più brevi.
A volte, per accorciare i tempi, si salta del tutto la stagionatura salando il pesce in modo più deciso: questo procedimento lo rende alla vista molto simile al baccalà, anche se è stato usato un pesce diverso dal merluzzo, ed è purtroppo molto semplice spacciarlo per autentico baccalà truffando l'acquirente.
Nonostante la differenza tra stoccafisso e baccalà, entrambi prima di essere usati per le vostre ricette devono venire ammollati: il primo, per essere dissalato; il secondo, per essere ammorbidito. Ma anche in questo caso, i procedimenti sono diversi.
Il baccalà va sciacquato sotto l’acqua corrente, poi messo in una ciotola di acqua fresca e conservato in frigorifero per 3 giorni, con l’accortezza di cambiare l’acqua ogni 8 ore. Per lo stoccafisso il procedimento è più lungo: si parla almeno di una settimana in cui il pesce secco va tenuto a bagno nell’acqua fredda, da cambiare una volta al giorno. In ogni caso, niente paura: in commercio si trovano facilmente entrambi già ammollati e pronti all’uso!
Tutte queste differenze nella produzione fanno sì che anche gusti e consistenze dei due prodotti siano facilmente individuabili: il baccalà è più morbido e delicato, lo stoccafisso è leggermente gommoso e ha un sapore più intenso e ruvido.
Diffuso soprattutto in Toscana, nelle Marche, in Umbria, Abruzzo e Sicilia, il baccalà è protagonista di molti piatti tradizionali, senza tempo, come il baccalà alla livornese con il pomodoro. Si può preparare in umido, al forno, alla griglia o fritto, oppure se ne possono fare delle deliziose polpette o frittelle.
Lo stoccafisso ha invece un posto di rilievo nelle cucine di Veneto, Liguria, Campania, Marche, Calabria e ancora Sicilia. Oltre ai piatti veneti già citati (dove viene erroneamente chiamato baccalà), è delizioso alla brandacujun, ricetta ligure in cui è abbinato a patate, aglio, olio e prezzemolo; all’anconetana, con acciughe, patate, olive nere e pomodori; alla siciliana, con pomodori, patate, olive, pinoli, uvetta e capperi.
Entrambe le tecniche di conservazione del merluzzo, all’aria o sotto sale, risalgono almeno all’VIII-IX secolo: lo stoccafisso è nato in Norvegia (alle isole Lofoten si mangiano perfino le lingue di merluzzo), mentre il baccalà è stato inventato dai pescatori baschi che, andando a fare scorta di merluzzi nei Grand Banks canadesi, li mettevano sotto sale per conservarli sulle navi fino al ritorno in Europa e alla successiva commercializzazione.
La storia dei due prodotti si riflette nei loro nomi: baccalà viene dal fiammingo bakkeliauw, con una sorta di inversione rispetto all’olandese kabeljauw (“merluzzo”), giunto a noi tramite lo spagnolo bacalao; stoccafisso deriva dalle antiche lingue nordiche, norvegese (stokkfisk) e olandese (stocvisch: entrambi i termini significano “pesce bastone”), anche se l’italiano è probabilmente in debito con l’inglese stockfish, “pesce da scorta”.
Baccalà e stoccafisso si diffondono prima nell’Italia meridionale ai tempi dei Normanni, e poi in tutto il Paese grazie agli scambi commerciali intrattenuti da Venezia e altre grandi città di mare con i mercanti dell’Europa del Nord. Nei conventi, negli ospedali, negli orfanatrofi e in altri luoghi collettivi erano un’alternativa economica e facilmente conservabile al pesce fresco, perfetta per i giorni di magro. Erano, insomma, un cibo povero, che oggi continua a vivere nei piatti della tradizione ma che è anche stato interpretato ed esaltato nelle ricette dei migliori chef.
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