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Nicola Manferrari: Borgo del Tiglio. Collio ed Emozioni

pubblicata il 16.06.2011

Tempo di lettura previsto: 2 min Incontrare il produttore di un vino che si ama è sempre un’esperienza densa: è come incontrare l’autore di una delle tue canzoni preferite. Si crea una sorta di intimità legittimata dalla condivisione di quella sequenza di note, e poi si innesca il desiderio di conoscere la storia dietro il testo, l’emozione che ha portato l’autore a condensare i pensieri in quella canzone. Incontrare Nicola Manferrari è stato come conoscere Mogol, e cenare con lui assaporando insieme i suoi bianchi dell’annata 2009 è stato come farsi raccontare com’è nata “Emozioni” ascoltandola insieme dalla voce di Battisti. “Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi, ritrovarsi a volare”. Iniziano con Il Tocai friulano i nostri assaggi e con questo iniziano a schiudersi le prime parole di Nicola Manferrari: sì perché come per le uova ci vuole un po’ di calore per rompere il guscio, anche se gli occhi brillanti avevano una luce che scheggiava la timidezza e la riservatezza. Lui che arriva da Brazzano di Cormons e che mi dice che la cosa più bella per lui del suo Collio sono i contadini in vigna la mattina presto. L’elemento umano sulla terra: una terra di arenaria e marna e di tradizioni e di sfide. Sì perché quando ricerchi la finezza nel vinificare, ma invece di avere lo chardonnay della Francia parti da tocai friulano e malvasia, la si può definire una sfida. Non ci sono sbavature nel Ronco della Chiesa, il cru di friulano che forse ha reso famoso Borgo del Tiglio: il 2009 arriva vellutato al naso, fiori di campo cremosi, espressioni delicate di frutta da succo, salinità marina. “E di notte passare con lo sguardo la collina per scoprire, dove il sole va a dormire”.  La Malvasia di Nicola Manferrari è la dichiarazione d’intento, la rappresentazione del suo approccio filosofico. In effetti la pacatezza unita alla forza nelle parole mentre spiega il suo sentire, sono emblema dell’equilibrio seppur nella tensione della ricerca. La ricerca dell’eleganza nell’aromaticità del vitigno, la fusione di morbidezza ed acidità attraverso l’uso sapiente del legno, l’esaltazione dei profumi accattivanti dell'uva senza renderli spudorati, ma portandoli alla loro massima espressione di raffinatezza. Lo Studio di Bianco è quello che io definirei un vino da maratoneti più che da centometristi, anche se quando gli ho accennato di un recente assaggio di 2005 sono stata sgridata, perché Nicola dice che i vini vanno bevuti.  Tocai friulano, sauvignon e riesling: equilibrio, forza aromatica e acidità per una longevità invidiabile. Un  vino che è ricerca di proporzioni: è la sfida nuova. Certo, fare il vino come lo fa Nicola Manferrari è conoscenza profonda, è sapienza, elaborazione e meditazione, è frutto di scelte costose e soprattutto precise. Mi racconta che per scegliere il momento della vendemmia, fa diversi passaggi in vigna per assaggiare l’uva, e poi si chiude in ufficio a riflettere per decidere, perché solo quando l’uva è buona e dolce al punto giusto potrà dare quella finezza ed eleganza che lui cerca. “Uscir dalla brughiera di mattina dove non si vede a un passo, per ritrovar se stesso”. Soundtrack: Emozioni - Lucio Battisti

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