Attualità

Nicoletta Bocca | San Fereolo e la dimensione dell'altrove

pubblicata il 31.05.2012

Decidere di dedicare un qualche frammento delle ore che girano dentro l'orologio a Nicoletta Bocca non è semplicemente avvicinarsi ad un produttorre di vino, di ottimo vino. Significa accettare di attaccare due o tre punti di distorsione spaziotemporale al proprio quadro panoramico, e farsi portare da qualche parte senza la pretesa di guidare troppo la nave. Perchè la nave la guida lei: con quel suo fare metà da ultimo Navajo in esilio e per metà da Grumilde del villaggio vikingo, gli occhi azzurri che non riescono mai ad essere freddi e i sottili capelli biondi che si arrampicano sull'elettricità statica come se un vento di Thule la scompaginasse. Lo sguardo d'un tratto afferra un gancio che è passato, nella luce del sole langarolo: lo vedi trascinato via, per un paio d'istanti. Poi torna ad atterrare sul tavolo, ancora pronto a mescolarsi con le cose concrete del vino, i babo, la malolattica. Uva, vendemmia, biodinamica, il tutto nella caverna piena di libri, quadri e bottiglie, con il legno e l'intonaco grezzo, la carta e il vino sono spesi senza micragna, con il verdegiallo delle colline che picchia alle finestre, sfacciato. Provi a farti raccontare perchè San Fereolo, a Dogliani: e sembra che un qualche dio minore e burlone si metta a soffiare dentro la clessidra a far rotolare via i quarti d'ora tanto il tempo passa veloce: che la Storia si intreccia con le storie, la casa ritrovata, il primo ettaro di terra, i primi tentativi di fare vigna negli anni novanta. I primi rudimenti imparati dal vicino di casa, e i primi scotti da pagare all'inesperienza. Nel frattempo matura un'idea del vino, che ora trasuda da San Fereolo con una chiarezza evocativa quasi tagliente. Il passaggio alla biodinamica segue una concezione stessa della vita: e ti trovi a parlare di filosofie antroposofiche e viaggi dentro l'intelligenza emotiva, sui profili delle colline di Langa e nei meandri della complicata relazione con la rete, con il mercato, con il Resto del Mondo. Nei bicchieri oggi girano i rossi: a partire dal Dolcetto di Dogliani, per una verticalina che percorre gli anni zero quasi per intero, dal 2001 al 2007. Vine facile di dimenticare di ammorbarsi di descrittori, profumi e indicatori, perchè par di dover rispondere ad una esigenza assai più pressante: che è annotare l'atmosfera in cui i vini di San Fereolo vedono la luce. Sotto quale congiunzione astrale, quale microcosmo distilla in quei bicchieri da quel luogo che trasuda una spiritualità travolgente e composta allo stesso tempo. Nicoletta spilla i tini e le vasche, e spiega e racconta con una familiarità anche tecnica che rende facile comprendere le pieghe del tempo: e le differenze, e le inconstanze, e i brividi, e le insicurezze, e le scommesse, e le partite giuocate e quelle ancora da giuocare. L'assaggio seriale impone di ritrovare una linea, una voce, uno stile: a San Fereolo è facile, aggrappati al lume delle intuizioni della donna che lo guida. Una forza straniante, quasi esotica di tutti i rossi, una linea delle spezie come un sentiero disegnato nel deserto: a volte segnalato, chiaro, affidabile; a tratti sfuggente come una traccia nella sabbia. Spezie, spezie dolci, fiori. Un tocco nel Dolcetto, pur nelle evidenti differenze tra le annate; un alito nel Barbera Austri, un bicchiere che prende a manate la freddezza del preteso assaggiatore; un gesto - quasi - nell'etereo Nebbiolo il Provinciale. Durevolezza, personalità, forza, generosità al confine con la rusticità: sono i tratti di una produzione che si confonde con il carattere e la stessa visione del mondo di Nicoletta. Nic, come si firma, ed è il Capitano della nave dei pirati.

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