Attualità

Non lasciarmi mai più

pubblicata il 30.04.2013

Era il 1997. Bill Clinton iniziava il secondo mandato come Presidente degli Stati Uniti d'America, nasceva la pecora Dolly, primo animale ufficialmente clonato del mondo, la sonda Mars Pathfinder atterrava su Marte, morivano Madre Teresa di Calcutta e Lady Diana, Dario Fo si aggiudicava il Nobel per la letteratura e nasceva Google, il motore di ricerca più diffuso al mondo. In mezzo a tutto questo il governo italiano richiedeva all'APHIS (Animal and Plant Health Inspection Service) statunitense il riconoscimento dell'immunità per i maiali italiani dalla Malattia Vescicolare del Suino. La Malattia Vescicolare, come riportato dal Ministero della Salute, è una malattia infettiva contagiosa che colpisce i suini caratterizzata, quando si manifesta nella sua forma clinica, da ipertermia, zoppia, lesioni vescicolari ed erosioni localizzate sulla cute e sulle mucose. Non è pericolosa per l'uomo, ma è altamente infettiva per i maiali e può causare, una volta introdotta in un paese, importanti danni economici per gli allevamenti di maiale. Ce ne accorgiamo anche dalle misure previste in caso di accertata infezione: isolamento dell'allevamento, divieto per le persone di entrare in contatto con animali sensibili per almeno 5 giorni, abbattimento dei capi e distruzione delle carcasse. Proprio per questo gli Stati Uniti avevano previsto dei blocchi alle importazioni di carne suina dai paesi che avevano manifestato dei focolai di infezione, Italia compresa. Erano esentati da questo divieto solo il prosciutto cotto, lo zampone e i prosciutti crudi con una stagionatura minima di 14 mesi. Dal prossimo 28 maggio, dopo 15 lunghi anni di trattative, non sarà più così: l'APHIS ha infatti finalmente riconosciuto l'indennità dalla Malattia Vescicolare per le carni suine provenienti da Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e delle Province autonome di Trento e Bolzano. La diretta conseguenza è che i prodotti provenienti da questi territori potrà essere esportata anche negli Stati Uniti. Non che la procedura sia semplice: i prodotti potranno essere esportati solo da stabilimenti autorizzati dalle Autorità statunitensi, accompagnati da apposito certificato sanitario. I salumi dovranno inoltre essere scortati da un’ulteriore attestazione veterinaria che attesti che nell’impianto in cui gli animali sono stati macellati non siano stati introdotti carni o animali provenienti da altre regioni o che abbiano attraversato Regioni non indenni dalla malattia, a meno che questo non sia avvenuto in container sigillati dall’Autorità sanitaria. Non è una cosa di poco conto, visto che per il settore questa apertura potrebbe valere qualcosa come 250 milioni di euro di esportazioni: 200/210 per carni e frattaglie, 40/50 milioni per i salumi. Senza contare che la misura potrebbe essere un efficace mezzo di contrasto ai prodotti taroccati, quel famoso finto made in Italy che tanti danni d'immagine ed economici sta facendo in giro per il mondo. L'unico problema sono le regioni escluse. Come la Calabria, che con le sue quattro DOP - Soppressata, Capocollo, Salsiccia e Pancetta - non potrà ancora esportare le sue eccellenze oltre oceano. Speriamo non servano altri 15 anni.

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