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Paglia | Tasting Panel per cambiare il mondo

pubblicata il 16.02.2011

Giugno 2008: tutto inizia qui. È da un po' che ci penso. Internet 2.0 vuol dire rapporti diretti tra azienda e consumatore. La mia azienda produce vino, quale puo' essere  rapporto piu' diretto che dire al consumatore: "tiè, questo e' il mio vino, assaggialo, dimmi (ed eventualmente scrivi) che ne pensi"? Pero' cosi' non basta, ci vuole anche una promessa chiara e trasparente: quello che scrivi, nel bene o nel male, lo riporterò integralmente sul mio sito internet, disponibile per tutti quelli che verranno dopo perché possano farsi un idea di cosa aspettarsi dai miei vini. Così mi sembra giusto, mi pare che ci siano tutte le parti del "deal". Ho gia' fatto qualche esperimento in precedenza, mandando qualche bottiglia a 5-10 persone, ma voglio che i numeri dei commenti siano nell'ordine delle centinaia e non delle decine. E così comincio con 50 persone, alle quali mando 6 bottiglie diverse dei miei vini, e rimango in attesa - con il cuore un po' palpitante - di sentire il loro feedback. Dopo questo primo invio seguiranno altre 50 persone, e poi ancora 50,  per un totale di 150 assaggiatori (in realta di più perché molti erano in gruppo): saranno circa 380 i commenti ricevuti e registrati sul mio sito, e non so quante decine di posts in giro per la rete. Questi sono i fatti. Ma com'è andata veramente, cosa mi aspettavo da questa esperienza? Diciamolo subito, lo scopo immediato era quello di fare"buzz", rumore, pubblicità per l'azienda attraverso i commenti sui vari blogs (non tutti i partecipanti erano bloggers, molti non avevano nessuno strumento di diffusione della loro degustazione, ma non volevo essere troppo stringente con i criteri di inclusione). Direi che lo scopo è stato raggiunto. Resta la domanda: farsi pubblicità in questo modo è lecito? Io credo di sì, perché è da me pagata (oltre 900 bottiglie di vino spedite), e soprattutto perché io non posso sapere in anticipo se la pubblicità sarà positiva o negativa. Avrò quello che i vini si meritano, nulla di più e nulla di meno, e questo mette a posto l'etica, secondo me, perché il rischio sta tutto dalla mia parte. Altro scopo era quello di permettere a chi si interessa a vario titolo dei miei vini, di trovare un capitale di recensioni, non solo fatte da Parker, Gambero Rosso e compagnia, ma anche da decine e decine di persone indipendenti. Personalmente quando devo acquistare qualcosa cerco sempre dei siti dove si possa andare oltre la recensione ufficiale, per quanto autorevole, del prodotto che mi interessa. Voglio vedere se escono 2, 3, 4, 10 voci che dicono "ehi, questo prodotto è una sòla, non lo comprare". E se è così, non lo compro. Il terzo era quello di mettermi alla prova, o meglio mettere alla prova i miei vini. Per quanto sembri scontato e banale, non è così facile sentirsi dire in maniera diretta e qualche volta a muso duro, quello che la gente veramente pensa dei tuoi vini. E per quello che ho potuto vedere le recensioni fatte nel tasting panel, e più in generale su internet, non soffrono di timidezza. Ho raccolto tutto quello che mi aspettavo? No, ho raccolto molto di più. Diciamoci la verità, mi aspettavo che i vini andassero abbastanza bene. Avevo messo in conto qualche commento negativo, anzi, lo auspicavo. Che valore verso l'esterno può avere un tasting panel se tutti i commenti sono positivi? Sembrerebbe fatto apposta. Su un campione di circa 200 note ho registrato (con molta approssimazione visto che volutamente non avevo dato nessuna indicazione su come valutare i vini): 140 positivi 49 neutri 17 negativi. È molto importante dire che giusto 2-3 anni fa avevo intrapreso una strada di revisione dei miei vini. Sentivo che qualcosa non era centrato, che non riflettevano più completamente la mia visione del vino, che era ora di cambiare qualcosa. Oggi, posso senza ombra dubbio dire che quei commenti negativi (e forse anche più quelli "neutri") hanno contribuito non poco a dare la spallata finale e convincermi che era ora di cambiare. E così è stato. Abbiamo cancellato tante sovrastrutture che ci sembravano ridondanti e superate, e che ci pareva ci inchiodassero ad una maniera di fare vino che alla fine non soddisfaceva neanche più il nostro gusto. Insomma, eravamo partiti per cambiare il mondo, e alla fine siamo stati cambiati noi. Questo lo considero il più bel risultato, quasi il più bel regalo che mi ha portato il tasting panel, mi ha dato una visione terza e indipendente di dove eravamo e mi ha spinto a cambiare. Vedremo se alla fine i vini di oggi piaceranno di più o di meno di quelli di ieri, ma il vero punto è che oggi piacciono di più a noi che li facciamo perché in fin dei conti, sotto sotto, qualcuna di quelle critiche le avremmo potute scrivere noi stessi. Lo farò ancora? Non lo so, è una questione che sto rimuginando. Non vorrei ripetere pedissequamente la stessa cosa fatta allora. Non è più una novità e vorrei andare oltre, ma ancora non so come. È probabile che qualche tasting panel in scala minore, per qualche vino particolare lo si potrà ancora fare in futuro. NdR: Gianpaolo Paglia è il "vignaiuolo 2.0", uno dei primi a intuire le formidabili potenzialità della Rete. Con i sue due marchi, Poggio Argentiera e Antonio Camillo offre un ventaglio assai multiforme del vino maremmano.

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