L'edonismo è "qualsiasi scuola di pensiero che riconosca nel piacere il fine ultimo della vita dell'uomo" (Wikipedia). Prima del bene, dell'utilità e dell’economicità, per l’edonista, c’è il piacere. Necessaria premessa per chi scrive di vino, per chi ha come finalità il piacere, qualunque sia la forma, partendo dall'assaggio per arrivare al racconto, momento in cui ci si sente di essere, nel proprio piccolo, dispensatori di sapere ed esperienza, con intenso automassaggio del proprio ego. Il passo all'autoerotismo letterario (cit.) parrebbe breve, ma con uno sforzo tantrico e tecnico adeguato, il pericolo può essere, non troppo agevolmente, scongiurato.
Ecco dunque un breviario alla moda del manuale delle giovani marmotte. Proviamo a dare qualche indicazione su come far credere al prossimo che esistano tipici sentori agrumati dentro ad un bicchiere di vino, come descrittori del magico liquido in esso contenuto. Per semplificare il percorso, uttilizzeremo un elenco decrescente sulla base del loro effetto astringente, ovvero quella caratteristica tattile che punge al naso e fa arricciare le labbra, indice di una maggiore acidità (presenza di acidi con ph inferiori).
Lime o Limetta: da non confondere con l’ancor più tagliente e meno tonda lametta, si tratta di frutti piccoli, ovali, dalla buccia sottile, solitamente colti ancora verdi, all’apice della succosità. Non c’è solo l’effetto limonoso perchè la polpa è profumatissima. Effetto astringente ai vertici della categoria, per la presenza fino al 6% di acido citrico, roba da farti strizzare gli occhi.
Limone: citrino non è un insulto, come la maggior parte di voi può pensare, bensì, nel nostro mondo, è il limone. Si va al bar e si chiede un the con il frutto giallo spiccatamente citrino noi! Succo e polpa, acidità e freschezza, effetto dissetante. Diciamo che è il parametro su cui, troppo spesso, mi illudo di non dover dare spiegazioni.
Pompelmo giallo: frutto tondo, bruttarello, color giallo scarico, con oli essenziali caratteristici già percepibili dalla buccia, con effetto citrino più elegante, mitigato da un’aromaticità maggiore e un finale lievemente amaro ma che piace tanto.
Pompelmo rosa (ibrido tra il pompelmo e l’arancia): un poco più zuccheroso del giallo (maggiore fruttosio), il pompelmo rosa è un frutto particolarmente edonista: piace a chi si piace sapendo di piacere. Jaffa docet.
Mapo: il Mapo non esiste. Ma se esisstesse sarebbe il re dei frutti OMG e per questo spesso vituperato e non incluso nelle descrizioni. Più piccolo del pompelmo e dalla buccia di colore verde, liscia e “più cerosa”, la sua polpa giallo arancio uniforme ha un gusto gradevolmente aspro con qualche nota di mandarino.
Ci spostiamo dagli agrumi gialli agli agrumi arancioni e facciamo un downsizing in termini di presenza di acido citrico: segue la famiglia delle arance e dei mandarini.
Arancia amara: è uno di quei frutti che non mangeresti mai, al limite potresti berlo spremuto e spesso lo fai. Il perchè è un mistero irrisolvibile, visto il grado di amarezza che può raggiungere, ma si sà, siamo fatti per soffrire e, spesso, ci piace. L’effetto amaricante unito alla componente agrumata crea un senso di dipendenza “inevitabile ed ineludibile” (cit.). Se non sapete dove recuperarla, tentate l’approccio del confronto made in Sanpellegrino tra Aranciata ed aranciata Amara, almeno per farvi un’idea.
Arancia: per cortesia, tutti sanno di cosa sia un’arancia è vero. Però, c’è sempre un però: è uno degli agrumi più variegati a seconda della provenienza, direi il più femminile che vede declinazioni dalla bionda non ossigenata di Spagna alla rossa naturale di Sicilia (anche detta Tarocco per chi pensa che la parola sia riferita escusivamente ai Rolex di Soho). Il colore della polpa indica una carica di antociani differente, e ciò comporta anche succosità diversa, zuccherinità diversa e pungenze amare di diversa entità. Siccome non è una tortura, compratevi queste stramaledette arance ed assaggiatele tutte, così vi sparirà lo sguardo da cernia alla prossima volta in cui l’agrume rubizzo vi si paleserà in una scheda di qualsivoglia guida. Aggiungo: una nota olfattiva dell’arancia imprescindibile è data dalla buccia. Semplicemente strizzata, fatta a julienne e saltata in padella col burro, o candita con grani di zucchero, è un altro cibo. Quindi non fate finta di non sapere qual’è l’effetto “bruciacchiato” della buccia d’arancia, e se davvero non lo sapete .. sapevatelo!
Mandarino: buccia dall’odore amaro e scomposto, lo spicchio è maliziosamente turgido e profumato, dolce ma dalle asprezze gentili, in certi casi ricorda persino l’odore di un fiore, complessivamente una sensazione di freschezza.
Mandarancio: è un mandarino con chiari sintomi transgender, per questo ha un un frutto più grosso e ancora più succoso ma evidenti note caratteristiche di arancia bionda.
Kumquat: Ku che? Diciamo mandarino (forse) cinese va! Piccolo e ovale è l’esotico agrume che ci invade nel periodo natalizio occhieggiando dai banchi frigo. E’ l’inversione del mandarino, ovvero l’unico agrume di cui si mangia molto più volentieri la buccia che la polpa.
Clementina: ovvero “della liberazione dai semi”, una delle massime godurie della vita! Diventa dolce il frutto, e non c’è più nota citrina. Pervade la gioia della freschezza e l’armonia al palato.
E veniamo infine agli agrumi "alternativi":
Chinotto: affidabile asso nella manica di ogni enostrippato che si rispetti. Grazie all’innegabile componente acidula-amarognolo-balsamica, dove le dolcezze si combinano con l’elemento aromatico vagamente mieloso, evocarlo dove è inequivocabile l’agrumata e non citrica intensità zittisce sempre ogni contestazione. In realtà il piccolo agrume ligure di colore verdescuro risulta immangiabile così com’è, ma va sempre trasformato.
Bergamotto: non è, a discapito del simpatico nome un muratore delle valli, ma un agrume particolarmente apprezzato per le sue note olfattive. Usato nell’antichità insieme alle aloe per inumare i cadaveri, oggi lo si può trovare, in essenza, nei profumi più prestigiosi e costosi. E’ intenso, e può essere consumato spremuto, a spicchi o nel the (Twinings l’ha reso celebre con l’Earl Grey). Il frutto è grande poco più di un arancio, ha un colore giallo intenso, la buccia liscia e sottile. Il suo succo è quasi insignificante, e soprattutto poco acido.
Dulcis in fundo...il Cedro: eccolo qui ... il casus belli. L’agrume che solo la sottoscritta e altri 3 o 4 sommelier psicotici conoscono (tra cui D’Uffizi). Identikit innanzitutto: la sua polpa costituisce solo il 30% del frutto che è fatto dalla buccia bitorzoluta e dalla componente callosa bianca. Arriva agli umani solitamente in forma candita, specie in preparazioni dolciarie come la cassata, pastiera e il panettone, e pure in forma di bevanda (Tassoni è ancora fermo alla pubblicità degli anni ‘80, geniaccio!). Tutti hanno assaggiato anche se a loro insaputa, il sapore dolce e amabile del cedro nella loro vita, agrume che per gli Ebrei è dono divino e simbolo sacro. Amen.
E adesso voglio uno che mi dica che basta "agrumi" per descrivere uno chardonnay (anche se sottoforma di bollicina).
Fonte immagine: http://papillevagabonde.blogspot.com