Attualità

Pistacchio, non solo gelato

pubblicata il 17.04.2013

Bronte è la patria del pistacchio siciliano, cioè del pistacchio Italiano. Perché su 3.522 ettari in produzione in Italia rilevati dall'ISTAT nel 2011, 5 sono in Basilicata, 1 in Puglia e il resto in Sicilia. Di questi oltre tremila sono concentrati nella cittadina etnea. Paiono tanti, eppure l'Italia è un piccolissimo produttore a livello mondiale, arrivando a rappresentare appena il 2% del totale. Molto meglio fanno l'Iran, che produce circa il 40% dei pistacchi di tutto il mondo, gli USA, la Turchia e la Siria. Quello di Bronte però, oltre a essere tutelato dalla DOP e da un presidio Slow Food, è noto per le sue qualità organolettiche, derivanti dal particolare ambiente di coltivazione, costituito da terreni vulcanici ad altitudini comprese fra i 400 e i 900 metri. Arriva dall'Asia centrale il pistacchio e attraversa i secoli e i libri per arrivare in Sicilia nel 30 d.C., grazie a Lucio Vitellio, che se lo porta dietro dopo averlo apprezzato in Siria. Ma la sua origine è più lontana nel tempo, se si pensa che viene citato nella Bibbia: Giacobbe nel 1725 a.C. lo avrebbe portato in dono a un faraone. In Sicilia viene coltivato in coltura non specializzata, cioè quasi allo stato naturale, sul versante nord del vulcano isolano: l'Etna. Unica concessione all'agricoltura tradizionale il sovrainnesto di cultivar di Pistacia vera, questo il suo nome scientifico, su portainnesto di terebinto (Pistacia terebinthus), specie spontanea diffusa nel bacino del mediterraneo. La cultivar utilizzata in Sicilia è quasi esclusivamente quella Napoletana, o Bianca, scelta per le maggiori rese unitarie ottenibili, per l'ottima grandezza e peso del frutto, per la bella colorazione verde che esprime e per l’aroma, vero punto di forza del pistacchio di Bronte. Il pistacchio, come alcune altre specie vegetali, va incontro a un'alternanza di produzione, anche se in questa specie si manifesta in modo piuttosto particolare. In pratica il raccolto tradizionalmente si fa un anno ogni due, perché le piante cariche di frutti tendono a perdere precocemente le foglie e le gemme a fiore, compromettendo il raccolto nell'anno successivo. Questo probabilmente è dovuto a un forte richiamo di nutrienti da parte dei frutti, a scapito delle parti verdi della pianta. Ho scritto tradizionalmente perché sono allo studio sistemi per regolarizzare il raccolto e quindi permettere una redditività certa e continua anche a questa coltura. Il pistacchio viene anche definito l'oro verde, anche se la sua quotazione sul mercato spesso non giustifica un tipo di coltivazione difficile, che prevede raccolta, smallatura ed essicazione a mano. La smallatura è l'operazione di asportazione del mallo, quella parte carnosa che avvolge il frutto nel pistacchio, ma anche nella noce e nella mandorla ad esempio. L'essicazione avviene ancora con metodi naturali, con i pistacchi lasciati al caldo sole della Sicilia durante il giorno e ritirati al coperto durante la notte. Non mancano però le sperimentazioni su essicatoi atutomatizzati a bassa temperatura, che hanno dato i primi positivi risultati. Dal punto di vista nutrizionale potrebbe spaventare il contenuto energetico dei pistacchi: 600 kcal ogni 100 gr di prodotto. Ma le virtù sono più che sufficienti a compensare questa piccola pecca. I pistacchi contengono calcio, ferro, magnesio, fosforo, oltre vitamine e aminoacidi. Come quasi tutta la frutta secca aiutano a prevenire le malattie cardiovascolari e contribuiscono a mantenere in salute il cuore. Il suo impiego in gastronomia, pasticceria e gelateria è noto ed apprezzato, ma ultimamente il pistacchio ha ottenuto spazio anche in altri settori, come quello della cosmesi. L'olio di pistacchio si è infatti rilevato un ottimo elisir di giovinezza per la pelle. Per assaggiarlo in tutta la sua bontà il consiglio è quello di fare un giro alla Sagra del pistacchio, in programma a Bronte fra la fine di settembre e i primi di ottobre. Un'ottima scusa per una vacanza in terra di Sicilia.  Immagine: Alberto Marchetti

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